De Donatis a San Stanislao, affidata a un diacono permanente

La visita in programma per l’11 novembre. Il vicario del Papa sarà nell’unica parrocchia della diocesi che «vive una speciale vocazione: quella di diventare una diaconia», spiega il vescovo del settore Est Gianpiero Palmieri

Domenica 11 novembre 10.30 il cardinale Angelo De Donatis celebrerà la Messa a San Stanislao, a Cinecittà. Una comunità che rappresenta un caso unico all’interno della diocesi di Roma: dal mese di settembre, infatti, è affidata alle cure non di un sacerdote ma di un diacono permanente, Andrea Sartori, 49 anni, che vive in canonica con la moglie Laura e i quattro figli: tre ragazzi di 20, 19 e 17 anni e una bambina di 10. A seguire i fedeli di Cinecittà, anche don Roko Celent – viceparroco nella vicina San Giuseppe Moscati -, che celebra l’Eucaristia e confessa, e un’equipe di diaconi, tra cui anche Enrico Valletta, originario proprio di San Stanislao.

«San Stanislao vive una speciale vocazione – sottolinea il vescovo ausiliare del settore Est Gianpiero Palmieri – che è quella di diventare una diaconia: una comunità cristiana che, in sinergia con le parrocchie del territorio della prefettura, diventa uno spazio di accoglienza e di accompagnamento dei poveri e delle persone sole, in vista del loro sviluppo umano integrale». L’idea che c’è dietro, spiega, è quella di «recuperare una prassi antica della Chiesa, che prevedeva il sorgere di diaconie a fianco alle parrocchie, per il servizio dei poveri del territorio. A Roma ne è documentata l’esistenza fin dal VII secolo». Papa Benedetto, prosegue Palmieri, «ha scritto di questa antica istituzione ecclesiale in “Deus Caritas est”; Papa Francesco ha parlato spesso del primato diaconale nella Chiesa e della necessità di mettere i poveri al centro della vita ecclesiale. La diaconia di San Stanislao rappresenta l’inizio di un cammino che riguarda non solo la prefettura XX ma tutta la comunità diocesana».

Sartori, dal canto suo commenta: «Mi preoccupo poco se questa sia una parrocchia o una diaconia; mi preoccupo di non essere di intralcio al piano di Dio, di fare quello che Dio vuole. Per me il diacono è un ministro dell’amore di Gesù – aggiunge -. Carità è amore, e amore si declina in tanti modi». Il diacono, prosegue, deve «sentirsi “minus”, cioè al di sotto di una comunità. Non guida, pastore, ma accanto ai fratelli, con i quali deve camminare insieme verso Dio. Questa è un’occasione per la comunità cristiana di prendere in mano la propria vita, l’occasione per ciascun fedele di riscoprire il proprio posto». Occhiali cerchiati d’oro, barba da hipster, pantaloni cargo e maglione grigio, Andrea racconta con naturalezza il percorso che lo ha portato fino al civico 15 di via Rolando Vignali, a due passi dagli studi cinematografici. Un muro di cemento separa i set dalle case popolari e dagli uffici del collocamento, proprio di fronte alla chiesa. Seimila i fedeli che fanno capo a San Stanislao. «Sui documenti di tanti, come indirizzo, c’è scritto “via Modesta Valenti”, segno che non hanno una residenza – spiega il diacono -. Ma qui ho trovato varie forme di povertà. Non solo quella materiale, pure l’abbandono, la solitudine. Ci sono tante persone separate, madri sole con i figli. E io penso che questa sia anche una diaconia dell’ascolto, un portare speranza dove speranza non c’è». Se da un lato ci sono i parrocchiani in difficoltà, dall’altro ci sono quelli che si danno da fare: «Mi ha colpito tanto la generosità di queste persone. In passato c’era anche una mensa per i poveri, e adesso ce n’è una a livello di prefettura. Presente un centro di ascolto dove si aiutano una quarantina di famiglie. Un grande fermento».

Nella storia personale di Andrea c’è sempre stato spazio per i bisognosi. Nel 1996 sposa la sua Laura; l’anno successivo partono insieme per il Togo, dove resteranno fino al 1998. «Abbiamo vissuto con i ragazzi di strada, facevamo formazione per animatori sociali, accoglienza». Poi il rientro a Roma, al quartiere Portuense, e il lavoro al Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo), ong dei salesiani, per cui curava la parte tecnica. Nel 2003 intraprende il percorso formativo per diventare diacono; nel 2008 l’ordinazione. Adesso, da settembre, il servizio a San Stanislao. «Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la coesione della nostra famiglia – assicura -. Da tempo ci sentivamo chiamati in un posto dove si va verso Dio e verso il prossimo in maniera irrevocabile. Questa è per noi una conferma vocazionale».

8 novembre 2018