De Donatis a Gerusalemme nella “casa” dei cristiani di Roma

La visita del cardinale vicario alla struttura pensata per accogliere sacerdoti, seminaristi e laici. Il racconto di don Morlacchi che lo ha accolto

Mi trovo in Terra Santa da circa un anno e mezzo, esattamente dal 20 settembre 2018. Sono venuto qui perché la diocesi di Roma potesse avere una struttura nella quale sacerdoti, seminaristi, laici cristiani di Roma potessero sentirsi a casa. All’inizio sono stato accolto presso la Casa “Mater Misericordiae” dei Silenziosi Operai della Croce, sul monte degli Ulivi, poco distante da Betania. È stato un tempo prezioso, nel quale ho potuto conoscere meglio la Chiesa di Gerusalemme in tutte le sue articolazioni: il Patriarcato latino, presso il quale canonicamente svolgo ora il mio ministero come sacerdote fidei donum; la Custodia di Terra Santa, che mi ha coinvolto nell’animazione liturgico-musicale delle celebrazioni nei santuari; le strutture accademiche, come lo Studio Biblico Francescano, dove ho frequentato alcuni corsi di aggiornamento biblico e archeologico; la Delegazione apostolica di Gerusalemme, presso la quale sono stato chiamato a collaborare.

Dopo circa sei mesi di permanenza nella Casa “Mater Misericordiae” mi sono convinto che la distanza da Gerusalemme rappresentava un significativo svantaggio, soprattutto in caso di permanenze brevi. Perciò ho iniziato a cercare altre strutture, più vicine alla Città vecchia e al Santo Sepolcro. La Provvidenza ha voluto che proprio in quel periodo si liberasse un appartamento delle suore Francescane Missionarie di Maria, qui conosciute come “White Sisters”, dislocato in posizione ottimale: a pochi metri dalla Porta di Damasco, appena fuori dalla città vecchia, accanto al parcheggio degli autobus arabi, di fronte al tram che conduce nella Gerusalemme ebraica e alla stazione degli autobus israeliani. Otto minuti a piedi dal Santo Sepolcro. Una casetta indipendente, in pietra, costruita a fine Ottocento ma recentemente ristrutturata: sei camere con servizi, un ampio terrazzo, circondata da giardini. È stato l’amministratore apostolico del Patriarcato latino, monsignor Pierbattista Pizzaballa, a segnalarmela come un’occasione da non farsi sfuggire. Appena l’ho vista, mi sono detto: è lei. Questa è la casa di cui Roma ha bisogno.

Ho avuto l’ispirazione di chiamarla “Casa Filia Sion” (cfr Sof 3,14; Zacc 9,1), consacrandola cioè a colei che simboleggia il popolo di Gerusalemme in attesa del suo Salvatore, e in cui i padri della Chiesa hanno visto prefigurata Maria, Madre del Signore. Mi sono trasferito nella nuova dimora ai primi di giugno dello scorso anno, ancora con gli operai in casa. Settimana dopo settimana è stata ripulita, sistemata, arredata. Gli ospiti che in questi mesi l’hanno visitata sono stati molto soddisfatti: tutti hanno promesso di ritornarci, più di qualcuno già lo ha fatto. La capienza della struttura la rende perfetta per piccoli gruppi: ci sono otto letti, presto arriveremo a dieci.

de donatis a gerusalemme, febbraio 2020Chi viene qui deve aspettarsi non un albergo ma una casa: si prega nella piccola cappella, si cucina e si mangia insieme, si vive la città santa in piena libertà, senza la fretta dei tour organizzati, e si ha l’opportunità di conoscere la vita della comunità cristiana non da turisti ma da fratelli. La prossima estate verrà un gruppo di seminaristi del Seminario Romano per trascorrervi un periodo di formazione. Seguiremo le orme di Gesù là dove egli è vissuto, ha insegnato, è morto ed è risorto: sarà certamente un tempo privilegiato nel cammino verso il sacerdozio. Ora che il “rodaggio” è ben avviato, confido che la casa possa essere scelta come luogo di formazione permanente per molti sacerdoti di Roma. L’ideale, a mio giudizio, è venire in piccoli gruppi di amici, tre o quattro insieme, con un programma flessibile e in periodi di cosiddetta “bassa stagione”, cioè quando l’afflusso dei pellegrini non è così elevato da disturbare la serena visita dei luoghi santi. Il soggiorno non ha un costo fisso ma è bello che gli ospiti contribuiscano, anche solo in parte, alla gestione, sentendo la comune responsabilità della casa della diocesi (per informazioni sull’accoglienza è possibile scrivere a: casafiliasion@gmail.com).

Da martedì 11 a giovedì 13 febbraio ho avuto la gioia di ricevere la visita del cardinale vicario Angelo De Donatis, accompagnato da monsignor Remo Chiavarini, amministratore delegato dell’Opera romana pellegrinaggi (l’organismo diocesano che concretamente sostiene la maggior parte delle spese). Appena giunto in Terra Santa, il vicario ha voluto visitare la “sua casa a Gerusalemme”, apprezzandone immediatamente i pregi. Abbiamo celebrato insieme la Messa: la prima Eucaristia della casa “Filia Sion” presieduta da un vescovo. Il cardinale mi ha poi offerto alcune indicazioni per il completamento degli arredi liturgici della cappella, in particolare il tabernacolo e l’altare. Nel tardo pomeriggio ci siamo recati presso l’Istituto Notre Dame per salutare monsignor Marco Formica, già alunno del Seminario Romano, giunto al termine del suo servizio diplomatico come consigliere presso la Delegazione apostolica di Gerusalemme e chiamato adesso a lavorare presso la Segreteria di Stato.

de donatis a gerusalemme, febbraio 2020Il cardinale ha voluto conoscere e ringraziare le suore Francescane Missionarie di Maria, proprietarie dell’immobile, entusiaste di questo nuovo legame che le unisce più strettamente alla Chiesa di Roma. Ma prima ha voluto comprare, e poi cucinare personalmente, alcune rape bianche, acquistate nel mercato sotto casa, ricordo dei sapori dell’infanzia e della sua terra natale. Il giorno seguente, di buon mattino, abbiamo partecipato alla Messa dei frati al Santo Sepolcro, presieduta dal cardinale, soffermandoci poi in preghiera personale nei diversi luoghi santi della basilica, in particolare il Calvario e la cappella dell’Eucaristia. Abbiamo poi compiuto un breve giro a piedi nella Città vecchia: il Patriarcato Latino, il Cenacolo, il muro occidentale, la chiesa della Flagellazione. Abbiamo visitato il Museo di Terra Santa, accompagnati dalla guida sapiente di padre Eugenio Alliata, archeologo francescano e responsabile del museo. A pranzo siamo stati invitati dal nunzio apostolico, l’arcivescovo Leopoldo Girelli. Con noi era anche monsignor Pizzaballa, e la conversazione sulla situazione della Chiesa in Terra Santa è stata arricchente per tutti. Nel pomeriggio ci siamo recati a Betlemme per una breve visita alla basilica della Natività, restituita al nativo splendore da recenti ed eccellenti lavori di restauro. Abbiamo poi chiuso la giornata con una preghiera al Getsemani, nell’Orto degli ulivi.

Sono stati giorni luminosi e benedetti. Personalmente credo di aver sperimentato la gioia più profonda quando, poco prima della partenza, il vicario mi ha confidato: «È stato un soggiorno intenso e bellissimo, diverso dagli altri. Non ho avuto la sensazione di essere un pellegrino di passaggio ma di trovarmi davvero a casa. Grazie, don Filippo!». Ecco: proprio questo era l’obiettivo che mi ero prefissato: aprire una casa, una vera e propria casa per i cristiani di Roma a Gerusalemme. Ringraziando Dio, sembra che l’obiettivo sia stato raggiunto. (Filippo Morlacchi)

14 febbraio 2020