De Donatis a Feroci: «L’episcopato, un di più di servizio»

Al santuario del Divino Amore la consacrazione episcopale del rettore del Seminario, che sarà creato cardinale nel prossimo concistoro. La gratitudine del nuovo vescovo e il ricordo dell’amicizia con don Santoro, ucciso in Turchia nel 2006

Tre parole-chiave e l’icona biblica di Mosè, «chiamato da Dio a una grande missione nella vecchiaia». Queste le consegne e i riferimenti che il cardinale vicario Angelo De Donatis ha proposto a monsignor Enrico Feroci, consacrato vescovo ieri, 15 novembre, al santuario mariano del Divino Amore, in vista della sua creazione a cardinale nel concistoro del prossimo 28 novembre. Il sacerdote, che dal settembre del 2019 è guida della parrocchia afferente al santuario mariano di Castel di Leva oltre che rettore del Seminario del Divino Amore, sarà il secondo semplice parroco a ricevere la porpora dopo don Giulio Bevilacqua, creato cardinale da Paolo VI nel 1965.

Ordinazione episcopale Enrico Feroci, santuario Divino Amore, 15 novembre 2020«Se ci fermiamo a una lettura rapida e in superficie del Vangelo di oggi – ha detto De Donatis, prendendo a prestito il primo termine di riferimento dalla parabola narrata dall’evangelista Matteo -, possiamo intendere che il Signore ci esorti a un affannarci profittevole e a un attivismo pastorale» mentre è solo «con una lettura più profonda che comprendiamo come il talento da far fruttare è la vita stessa, cioè ciò che io sono, che è un dono di Dio». Allora, ha continuato il porporato, «va lasciata da parte la paura, frutto di una visione distorta del Padre quale padrone verso cui dobbiamo saldare un debito». Ciò che Dio ci consegna infatti «è l’amore che ha per noi – ha spiegato De Donatis -, è suo Figlio, ed è disposto a farlo sotterrare perché è anche dallo spreco che la vita nuova germoglia, quando si abbandona però la logica del possesso e si segue la matematica della condivisione». Da qui il monito, insieme al ricordo della «bella coincidenza» della celebrazione con la IV Giornata mondiale dei poveri: «L’episcopato non è un avanzamento di carriera – ha detto il cardinale vicario – ma la chiamata a un di più di servizio».

Ordinazione episcopale Enrico Feroci, santuario Divino Amore, 15 novembre 2020Quindi, il ringraziamento a monsignor Feroci e l’individuazione della seconda parola-chiave: gratitudine. «Vogliamo ringraziare Dio per te e con te, caro don Enrico – ha proseguito il presule -, pensando a quanto hai preso sul serio questa parabola, a quanto ami Dio e la Chiesa e a quanto tu ti sei speso affinché il dono del Padre fosse condiviso con gli altri». De Donatis ha dunque ripercorso le tappe principali del ministero sacerdotale di Feroci: dalla formazione al Seminario minore e poi al Maggiore fino all’impegno – dal 2009 al 2018 – quale direttore della Caritas diocesana, passando per il servizio nelle comunità parrocchiali di San Frumenzio e di Sant’Ippolito e, da ultimo, nella parrocchia di Santa Maria del Divino Amore a Castel di Leva. De Donatis infine ha ripreso dal versetto del canto al Vangelo la terza parola-chiave: il verbo “restare”. «Non smettere di rimanere innestato nella vite del Signore – ha esortato rivolgendosi al nuovo vescovo -: sia sempre lui a indicarti la strada», pure nella convinzione che, «come per Mosè, al di là dei nostri programmi umani, la vita rifiorisce anche a 80 anni alla luce della missione che Dio ha pensato per noi».

Dopo il rito dell’ordinazione episcopale, con la consegna del Vangelo, «invito ad annunciare la Parola secondo la dottrina», dell’anello, «segno di fedeltà alla Chiesa, sposa di Cristo», della mitria, «simbolo della corona di gloria che meriteremo nel Paradiso», e del pastorale, «segno del ministero del pastore che ha cura di tutto il gregge», l’abbraccio di Feroci con il cardinale De Donatis e i co-consacranti, l’arcivescovo Claudio Maria Celli e il vescovo di Velletri – Segni Vincenzo Apicella.

Ordinazione episcopale Enrico Feroci, santuario Divino Amore, 15 novembre 2020

Al termine della celebrazione, il ringraziamento di Feroci «al Signore, per la sua misericordia e i doni che ci ha elargito». Quindi, il grazie «alla mia famiglia, a mio padre Oreste, che mi ha insegnato il senso del dovere, a mia madre Iolanda e a mia sorella Domitilla» e poi la riconoscenza per monsignor Tommaso Fanti che, presente alla celebrazione, «ha quasi 102 anni e quando io ne avevo 10, come mio parroco, mi ha guidato nella mia vocazione, con l’ingresso poi al Seminario Minore». Ancora, Feroci ha ricordato i 24 anni trascorsi nella parrocchia di San Frumenzio ai Prati Fiscali, i 5 in quella di Sant’Ippolito, a piazzale delle Province, e poi l’impegno alla Caritas: «Senza questo servizio – ha detto – la mia vita sarebbe stata monca». Infine, il ricordo dell’amicizia che lo ha legato a don Andrea Santoro, il fidei donum ucciso in Turchia nel 2006: «Per me è stato vero amico e confidente oltre che autentico testimone della fede». Quindi, il nuovo vescovo ha affidato il suo incarico alla Madonna, affinché, «come per Maria, si faccia di me secondo la Sua Parola».

16 novembre 2020