Ddl Zan: il rischio di creare un «tribunale delle coscienze»

In Senato l’incontro promosso dal network Polis Pro Persona. Ricolfi (sociologo): «Non si combatte la discriminazione creando categorie protette». La scrittrice Terragni: «Impone una cultura centrata su un individuo neutro, precario assoluto». La lettera ai senatori

«Non si tratta della nota di uno Stato estero ma di un mentore che ricorda ai cittadini italiani cosa è previsto nell’ordinamento civile italiano. Non è un’intrusione, anzi dispiace che non siano stati i cittadini italiani i primi a sollevare il problema che ci sono leggi dello Stato che potrebbero essere violate dal ddl Zan. Il Vaticano, in un certo senso, non doveva neanche scomodarsi. Il tema dell’intrusione è mal posto». Alberto Gambino, presidente dell’associazione Scienza&Vita, è tornato a parlare della nota verbale inviata il 17 giugno scorso dalla segreteria di Stato del Vaticano all’ambasciata italiana presso la Santa Sede in merito al disegno di legge contro l’omotransfobia approvato dalla Camera il 4 novembre 2020 e ora all’esame della Commissione Giustizia del Senato. L’occasione: l’incontro “Contro le discriminazioni? Sì! Ma non così” svoltosi ieri, 1° luglio, nella Sala Caduti di Nassiriya di Palazzo Madama, sede del Senato.

La conferenza è stata organizzata dal network Polis Pro Persona, che unisce 70 associazioni del laicato cattolico impegnate nell’ambito della cultura, della giustizia, della formazione, dell’integrazione, della solidarietà sociale, familiare, sanitaria e della cooperazione internazionale. Lo scopo è stato quello di «indicare al Senato le gravi criticità illiberali della proposta di legge», riportate anche in una lettera indirizzata ai senatori, nella speranza che «sapranno difendere la libertà di tutti e la laicità di uno Stato che non può tollerare che una filosofia sia imposta sulle altre», ha affermato il portavoce del network Domenico Menorello.

Soffermandosi su alcuni dei 10 articoli che compongono il disegno di legge, Gambino ha specificato che il testo «incide sulla cultura perché dà delle definizioni che normalmente le leggi non danno». Specificando che non può essere «la legge a dare la patente di cultura ad alcune fattispecie giuridiche», ha espresso contrarietà al «termine perentorio» utilizzato nell’art. 7 del ddl Zan nel quale è scritto che in occasione della giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, le scuole «provvedono» a organizzare attività specifiche. Questo per Gambino non permette alle famiglie «di esercitare il legittimo diritto di definire con la scuola i contenuti che riguardano le attività extra curriculari».

La giornalista e scrittrice Marina Terragni, che in relazione alla sua partecipazione all’incontro ha «ricevuto numerosi insulti e minacce», ha più volte rimarcato che l’obiettivo del ddl Zan non è «la sacrosanta tutela delle persone omosessuali e transessuali» ma quello di «imporre una cultura centrata su un individuo neutro, precario assoluto, sciolto da ogni legame, perfino quello con il proprio corpo». Temi come l’identità di genere, ha aggiunto, «richiedono una discussione calma. In questo momento è dovere di tutti discutere il tempo necessario, senza urgenze elettoralistiche». Il sociologo Luca Ricolfi si è invece chiesto che senso ha «combattere la violenza e la discriminazione identificando categorie protette». Percorrendo questa strada l’unico risultato possibile è quello di «produrre implicitamente nuove discriminazioni». Quindi il pericolo, secondo Ricolfi, è quello che, «a forza di moltiplicare le minoranze protette, si creino di fatto discriminazioni rispetto a chi non è protetto dall’ombrello di alcuna minoranza. La lista delle minoranze meritevoli di attenzione è arbitraria e potenzialmente illimitata – ha spiegato -. Anziché proteggere la persona e giudicare la gravità di un comportamento in base alle circostanze in cui avviene, noi tendiamo a fornire una serie di scudi a persone per la loro appartenenza a una categoria, non in quanto persone, e questo innesca una grottesca competizione vittimaria».

Se il ddl Zan dovesse essere approvato, Filippo Vari, costituzionalista e vice presidente del Centro studi Livatino, ha avvertito che «scelte che rientrano nell’esercizio dei diritti di libertà possono essere oggetto di un minuto esame da parte dell’autorità giudiziaria, con il rischio che si crei un tribunale delle coscienze che valuti il foro interno delle persone». Tra gli aspetti più «problematici» della proposta di legge, oltre alle citate libertà di espressione del pensiero, religiosa ed educativa nei confronti dei figli, ha annoverato la libertà della scienza e dell’insegnamento.

2 luglio 2021