Ddl Cirinnà, il “no” di oltre 100 giuristi

Dal Centro studi Livatino un appello-raccolta di firme che in 24 ore ha raccolto l’adesione di 103 giuristi. Tra i nodi, la stepchild adoption

Slitta al 28 gennaio l’approdo in aula al Senato del ddl Cirinnà sulle unioni civili. Intanto ha raccolto 103 adesioni in appena 24 ore l’appello lanciato dal Centro studi Livatino contro il disegno di legge. Primo firmatario: il presidente Mauro Ronco, ordinario di Diritto penale all’Unviersità di Padova, al quale si sono aggiunti magistrati, avvocati, docenti universitari e notai di differenti fori. Tra le firme anche quella del giudice costituzionale emerito Paolo Maddalena, dei docenti Mauro Paladini e Filippo Vari, dei magistrati  Mario Cicala, Giacomo Rocchi, Domenico Airoma, Alfredo Mantovano e dell’avvocato esperto in diritto di famiglia Anna Maria Panfili.

L’appello-raccolta di firme mette in evidenza la sovrapposizione, nel ddl, del regime matrimoniale a quello delle unioni civili, la cui sostanza fa parlare a pieno titolo di “matrimonio” gay, contrastando il dettato costituzionale. Ancora, i giuristi parlano di «danno» per il bambino derivante dall’adozione gay, attraverso la stepchild adoption, con l’eliminazione di una delle figure di genitore e la duplicazione dell’altra. «Non accettabile» come alternativa alla stepchild adoption nemmeno la soluzione dell’affido rafforzato. «In tal modo – si legge nell’appello – il “diritto al figlio” dell’aspirante genitore sostituisce il “superiore interesse del minore”».

Ancora, il testo dei giuristi mette in guardia da un altro rischio: quello di arrivare «direttamente alla legittimazione dell’utero in affitto». Col pretesto di ampliare il novero dei “diritti”, l’approvazione del ddl in realtà «moltiplicherebbe mortificazione e danni, anzitutto alle donne e ai bambini». Di qui l’auspicio in un impegno delle istituzioni per un rilancio effettivo della famiglia», senza procedere oltre nell’approvazione di leggi «ingiuste e incostituzionali».

14 gennaio 2016