Dall’Ucraina al Medio Oriente, ogni giorno 29mila bimbi in fuga dalle proprie case

Al via con un flash mob da Roma la nuova campagna di Save the Children “Cosa salveresti?”, che invita a chiedersi cosa si porterebbe con sé scappando da una guerra

Ogni giorno circa 29mila bambini sono costretti a lasciare le proprie case nei 10 peggiori scenari di crisi mondiali, per un totale di oltre 10,5 milioni nel 2023. A fornire il dato è Save the Children, alla vigilia del secondo anniversario della guerra in Ucraina, innescata dall’invasione russa il 24 febbraio 2022. Più che raddoppiato, quindi, il numero di bambini sfollati nel mondo: dai circa 20,6 milioni del 2010 alla cifra record di oltre 50 milioni – la più alta nella storia – a causa di vari fattori, dai cambiamenti climatici alle alluvioni, alle siccità, ma soprattutto a causa dei conflitti.

L’area con il maggior numero assoluto di minori in contesti di guerra è il continente africano ma il Medio Oriente, già prima del 7 ottobre scorso, registrava la percentuale più elevata, pari a un bambino su tre. Tra le principali aree di crisi globali, Afghanistan, Etiopia, Myanmar, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Territori palestinesi occupati, Turchia/Siria – per via del terremoto – e, naturalmente, Ucraina. Quest’ultima a causa dell’escalation del conflitto nel febbraio 2022, ha vissuto la crisi di sfollamento più rapida in Europa dalla seconda guerra mondiale, mentre ora sta vivendo una fase di ritorno: circa 630mila bambine e bambini sfollati – più di un bambino su 12 sul totale di bambini prima della guerra – sono tornati a casa, e ora vivono in condizioni di estremo bisogno, tra pericoli, distruzione e povertà.

La direttrice generale di Save the Children Daniela Fatarella cita i dati Onu per ricordare che «i bambini rappresentano circa il 40% delle persone costrette ad abbandonare le loro case nel mondo. Molti di loro non possono andare a scuola, non hanno cibo a sufficienza, hanno scarso accesso all’assistenza sanitaria, sono a rischio di abusi e violenze e necessitano di sostegno psicologico dopo gli eventi di cui sono stati testimoni. Le difficoltà economiche possono, inoltre, esporre i bambini al rischio di essere coinvolti in attività criminali, lavoro minorile, sfruttamento sessuale o di aderire a gruppi armati», prosegue. Le statistiche sono schiaccianti, ma «un bambino sfollato non è solo un numero. È un bambino che molto probabilmente è stato testimone del tipo di violenza o distruzione che nessun bambino dovrebbe mai vedere, prima di doversi lasciare alle spalle tutto ciò che conosce. Quando i bambini perdono le loro case, perdono quasi tutto: l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, al cibo e alla sicurezza. Cose che non possono essere portate con sé. Ecco – conclude – abbiamo voluto invitare tutti a porsi una semplice domanda: cosa salveresti se dovessi fuggire dalla tua casa?».

Si chiama proprio così,Cosa salveresti?“, la campagna lanciata oggi, 22 febbraio, dall’organizzazione internazionale, con un flash mob in piazza della Rotonda, a Roma. Un invito a tutti a chiedersi cosa porterebbero con sé qualora fossero costretti ad abbandonare la propria casa a causa di una guerra. L’obiettivo: focalizzare l’attenzione sulle drammatiche conseguenze della guerra sui più piccoli e invitare a riflettere sulle sfide vissute dai piccoli provenienti da zone di conflitto. Piccoli che hanno perso tutto. Durante il flashmob, degli attori che interpretano dei profughi sono comparsi tra la folla, con una valigia, dove raccogliere giocattoli, fotografie, vestiti e poco altro, e un’etichetta che racconta la storia di chi è costretto a fuggire. «Ma quando scoppia una guerra c’è tanto altro che è impossibile da salvare: la sicurezza, un reddito, un posto dove giocare, ridere e imparare, qualcuno che combatta per i diritti di chi è costretto a fuggire. Per questo Save the Children c’è ed è presente nella risposta ai conflitti», rivendicano dall’organizzazione, che sostiene le famiglie in fuga dalla guerra fornendo cibo, acqua, kit igienici e servizi sanitari essenziali durante gli spostamenti.

Ancora, Save the Children crea spazi a misura di bambino nelle comunità e nei campi per offrire ai bambini spazi sicuri per giocare, riposare e imparare, mentre ricevono il sostegno emotivo di cui hanno bisogno per elaborare ciò che sta accadendo, e collabora con i governi per rafforzare i servizi di protezione dell’infanzia e ridurre il rischio di sfruttamento, violenza di genere e reclutamento forzato da parte dei gruppi armati. Lavora, inoltre, con i partner per garantire che l’istruzione continui anche nelle emergenze, con accesso all’apprendimento per i bambini sfollati a causa dei conflitti.

In Ucraina, nei due anni dall’escalation del conflitto, il 24 febbraio 2022, milioni di persone sono fuggite per mettersi in salvo, oltre 15 milioni di persone hanno abbandonato le proprie case e ancora oggi 6,3 milioni di ucraini sono rifugiati all’estero e 3,7 milioni sono sfollati all’interno del Paese. Ma, nonostante la guerra continui, oltre 4,5 milioni di persone sfollate sono tornate a casa, tra cui 1,1 milioni di bambine e bambini. Di questi, circa 630mila minorenni sono tornati in situazioni di povertà e pericolo, e di questi circa 360mila sono rientrati nelle regioni colpite dalla guerra e in prima linea, tra cui Dnipro, Kharkiv, Mykolaiv, Odessa e Sumy, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).

«I bambini in Ucraina hanno sopportato due lunghi anni di violenza e distruzione – riferisce Sonia Khush, direttrice di Save the Children in Ucraina -. Molte famiglie sono state costrette a lasciare le loro case in cerca di sicurezza e hanno scelto di tornare non appena è stato possibile farlo. Per loro, nessun posto è come la loro casa e noi dobbiamo rispettare la loro volontà di essere nel luogo a cui appartengono. Entrando nel terzo anno di guerra – prosegue -, la nostra attenzione si sposta sull’aiuto alle comunità colpite dal conflitto a ricostruire e a riprendersi, in modo che le famiglie abbiano gli strumenti per ricominciare la loro vita e i bambini possano essere bambini – imparare, giocare e ridere insieme ai loro amici – nonostante le atrocità che li circondano».

A livello globale, il maggior numero di bambini costretti a lasciare le loro case nel 2023 – 4,1 milioni – si è registrato in Sudan, dopo lo scoppio della guerra lo scorso aprile; 3,3 milioni sfollati interni, mentre altri 850mila bambini sono fuggiti nei Paesi vicini, tra cui il Sud Sudan, il Ciad, la Repubblica Centrafricana e l’Egitto. Il secondo posto, soprattutto a motivo di inondazioni, siccità, conflitti e insicurezza, va alla Somalia, dove circa 1,6 milioni di bambini potrebbero essere stati sfollati internamente o esternamente nel 2023, portando il numero totale di bambini sfollati in Somalia a 2,4 milioni. Anche i Territori palestinesi occupati figurano tra i primi cinque luoghi in cui la situazione è peggiorata maggiormente nel 2023: l’analisi di Save the Children ha rilevato che, al 21 dicembre 2023, circa 890mila piccoli avevano lasciato le loro case a Gaza in seguito all’avvio delle operazioni militari israeliane in risposta agli attacchi subiti il 7 ottobre. Alla fine del 2023, la percentuale di popolazione sfollata a Gaza in sole 10 settimane era una delle più alte registrate a livello globale. Attualmente, più di 1,3 milioni di civili palestinesi, tra cui oltre 600mila bambini, sono intrappolati nell’area di Rafah, con il rischio di un attacco da un momento all’altro. «La guerra a Gaza è oggi tra le più sanguinose e distruttive della storia recente e ha portato alla registrazione di una serie di gravi violazioni contro i bambini, a un ritmo senza precedenti», rimarcano da Save the Children.

22 febbraio 2024