All’inizio erano un gruppo di amici, che si sono messi in moto da San Pedro Sula. Poi «la voce si è diffusa attraverso i social. Dopo un giorno, a Santa Rosa, erano già 1.200; alla frontiera con il Guatemala, a Santa Fe, hanno raggiunto le 3.500 persone». Suor Lidia de Souza, coordinatrice della Pastorale della mobilità umana della Conferenza episcopale dell’Honduras, racconta all’Agenzia Sir la carovana dei migranti che si è messa in cammino verso gli Stati Uniti: un piccolo drappello iniziale che lentamente si sta trasformando in un vero e proprio esodo, con molti altri che si sono aggiunti e si stanno aggiungendo al gruppo iniziale. E continuano a partire, nonostante le minacce del presidente Usa Donald Trump a loro, al Messico, ai Governi dell’America centrale, fino ad arrivare all’ipotesi di inviare truppe Usa alle frontiere più calde.

La religiosa parla di un vero e proprio effetto valanga. «Stanno attraversando in vari punti della frontiera, come Corinto – riferisce -; i primi entrati in Guatemala sono già in Messico. Alcuni vogliono arrivare negli Usa, altri si accontenterebbero di trovare un lavoro proprio in Messico». Insomma, un flusso continuo, causato dalla situazione del Paese, dove «povertà e violenza sono a un livello impressionante. Molti – osserva suor Lidia – dicono si amare il proprio Paese ma che non ci sono le condizioni per continuare a restare qui». Ancora: «È impressionante il numero delle donne: sono circa la metà di coloro che stanno migrando, e ci sono tantissimi minori. Il governo cerca di frenare le partenze dicendo che si tratta di un cammino molto pericoloso ma poi non offre alcuna proposta, alcuna alternativa. Il Paese – conclude la suora – è in ginocchio: basti pensare che il maggiore ospedale del Paese non è in grado di assistere la gente, manca tutto». Ad aggravare la situazione, le forti piogge delle ultime settimane, nelle quali «molti hanno perso il raccolto o addirittura la casa. E così si aggiungono agli altri che fuggono dal Paese».

19 ottobre 2018