Dalle rapine alla giustizia riparativa, la rinascita di Lorenzo

Per 20 anni in carcere, oggi esperto di mediazione penale, si racconta alla Cittadella della Carità. «Mi illudevo di essere una sorta di Robin Hood che non fa del male a nessuno»

«Ho girato 30 carceri da nord a sud»: con queste parole spiega che tipo era una, o forse cento, vite fa. Lorenzo Sciacca, oggi presidente della Cooperativa La Ginestra a Padova, esperto di mediazione penale nell’ambito della pratica della cosiddetta giustizia riparativa, ha 47 anni ma è entrato e uscito per vent’anni dalle carceri di tutta Italia. Racconta la sua storia con grande dignità, segno di una presa di coscienza invidiabile, lui che dice «la mia prima rapina in banca l’ho fatta a 14 anni».

Figlio di un ambiente che con il crimine era impastato fino al midollo, per se stesso non ha scuse: «Io non posso darmi né attenuanti, né scusanti», afferma ricordando l’infanzia nei quartieri difficili di Librino, a Catania, dove si era trasferito con la famiglia da Milano. «Tanti hanno fatto la scelta difficile di studiare, potevo farla anch’io e invece ho fatto altro», racconta a una platea di volontari e operatori della carità durante un incontro alla Cittadella della Carità organizzato dalla Pastorale carceraria della diocesi di Roma.

«Mi illudevo di essere una sorta di Robin Hood che ruba alle banche e non fa del male a nessuno», confessa. A chi glielo chiedeva quando stava in carcere, diceva: «Io rubo i soldi e me li spendo, così faccio girare l’economia, a chi sta in banca durante la rapina non prendo nulla, solo alla banca che tanto ha l’assicurazione». Un crimine senza vittime, dal suo punto di vista, finché non incontra, nel carcere di Padova, Ornella Favero e il gruppo del giornale “Ristretti Orizzonti”, realizzato dai detenuti per i diritti dei “ristretti”, appunto.

È lei che gli chiede: «E la paura che gli altri provano durante una rapina, dove la metti?». Si apre un mondo. Anche il confronto con gli altri detenuti, in particolare uno di cui ascolta il racconto, terribile. In una notte di violenza aggredisce moglie e figlio e poi tenta il suicidio. Al risveglio scrive: «Ho distrutto la mia famiglia», ma quello che lo colpisce è il figlio che continua ancora a venire a trovarlo nonostante tutto: «Quello che ha ucciso la mamma non è mio padre, quel fatto non definisce mio padre».

«Ho capito che io non potevo giudicare nessuno», spiega Lorenzo, che prosegue il suo percorso iniziando a lavorare su tutte le scelte compiute nella sua vita. Infine nel 2017 esce dal carcere di Padova con decenni di anticipo sulla fine della pena; l’incontro con il criminologo Adolfo Ceretti lo porta a completare un corso per diventare mediatore penale, e così inizia la sua nuova vita e la sua nuova carriera nella mediazione. La giustizia riparativa, di cui lui e la sua cooperativa si occupano, è un percorso che tenta di riavvicinare il colpevole con la vittima del proprio reato facendoli dialogare insieme a proposito di tutte le emozioni provocate dal reato, operando attraverso il cosiddetto “ascolto empatico” e contribuendo a sanare così la ferita. La sua storia Lorenzo l’ha raccontata in lungo e in largo ma soprattutto in un podcast su RaiPlay e poi in un libro per Mondadori dal titolo “Io ero il Milanese” con l’attore e autore teatrale e radiofonico Mauro Pescio.

8 marzo 2024