Dalla crisi, l’invito a rimettere in gioco «l’indispensabile»

Il cardinale Zuppi, arcivescovo di Bologna, e il direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale sociale don Bignami, all’ultimo incontro del ciclo “Si tratta di un’altra logica”, promosso da Caritas e pastorale sociale del Vicariato

La pandemia ci ha aiutato a rimettere al centro l’essenziale. A riscoprirlo e a viverlo profondamente. Ne ha parlato il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, intervenuto venerdì 9 aprile su “Gesù ci invita a donare l’indispensabile e non il superfluo”, tema-guida dell’ultimo appuntamento del ciclo “Si tratta di un’altra logica”, il percorso di formazione promosso dalla Caritas e dall’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Roma per riflettere sull’enciclica “Fratelli tutti”. «Da un momento come questo non usciamo aggiustando qualcosa nella logica del superfluo, che è pieno di misure, ma rimettendo in gioco l’indispensabile: è così che la crisi si fa davvero generativa – ha osservato il porporato -. Mai come oggi l’invito di Gesù è per tutti ed è per la gioia. Basti pensare, ad esempio, all’atto generoso della vedova che dona tutto ciò che possiede». Un invito che non può farsi concreto senza la logica dell’amore: «Doniamo l’indispensabile quando amiamo davvero qualcuno e quando, per noi, i poveri non sono gli utenti ma persone che capiamo e di cui sentiamo la ferita – ha proseguito Zuppi -. In questo senso la carità ha una “contabilità” notoriamente strana, per certi versi impossibile: se dai tutto, trovi tutto; se condividi, moltiplichi; se perdi regalando, trovi».

Il cardinale si è poi soffermato sul paragrafo 63 del documento di Francesco, in cui vengono ricordati i due grandi gesti compiuti dal Buon Samaritano: curare l’uomo ferito e, soprattutto, donargli il suo tempo. «Quest’ultimo è un lusso che dura poco e, se resta solo quello, poi passa inesorabilmente; il kairos invece, ovvero il tempo opportuno, diventa qualcosa che mi accompagna e che crescerà con me – ha concluso -. Con il dono del tempo il Samaritano ha scelto di mettere tutto da parte, facendosi così realmente prossimo».

A ribadire l’esigenza di recuperare la dimensione del tempo, anche don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale sociale e del lavoro. «La capacità di fermarsi e di condividere la vita delle persone – ha commentato – rappresenta una soluzione che tutti possiamo attuare, dal momento che ciascuno di noi, indipendentemente dalla condizione sociale ed economica, ha a disposizione il tempo». Ed è proprio dentro la gestione di quest’ultimo che si gioca il tema della gratuità: «La crisi della pandemia ci suggerisce che dobbiamo essere persone capaci di seminare speranza e questa è la gratuità vissuta nel nostro tempo – ha proseguito don Bignami -. Affinché la gratuità diventi esperienza concreta, bisogna ripartire dai sogni condivisi, dalle relazioni autentiche, dalle periferie come laboratori di socialità diversa e, infine, dalla politica, che oggi deve recuperare una dignità alta».

Accanto alla gratuità, un altro tema cardine sviluppato dal direttore dell’Ufficio Cei è quello del lavoro, in quanto forma di dignità: «L’enciclica ci invita a guardare a un Vangelo “in uscita” grazie alla prospettiva del lavoro – ha detto -. Oggi davanti a noi abbiamo delle persone che, attraverso il loro lavoro o servizio, ci hanno dimostrato che la nostra vita in tempo di pandemia è fatta per essere condivisa. È così che ciascuno di loro è diventato Vangelo vivente».

Per l’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicegerente della diocesi di Roma, il titolo di questo ultimo incontro ha rappresentato «un invito a cogliere il legame che ci unisce e a sentire la chiamata del Signore alla fraternità. Un invito – ha detto – non retorico ma profondamente autentico, da cui dipende con decisione il modo in cui vivremo questo nostro tempo».

12 aprile 2021