Dal clima ai diritti umani. L’era Trump preoccupa le ong

Amnesty International: «Rispettare obblighi sui diritti umani». Legambiente: «Impegni di riduzione assunti da Obama non possono essere ridiscussi»

Amnesty International: «Rispettare obblighi sui diritti umani». Legambiente: «Impegni di riduzione assunti dall’amministrazione Obama non possono essere ridiscussi»

Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Dopo Barack Obama, sarà lui il nuovo inquilino della Casa Bianca. Il magnate ha sconfitto l’avversaria Hillary Clinton, dopo una campagna elettorale infuocata, in cui non ha risparmiato frasi razziste, xenofobe e sessiste. Proprio per questo la nuova era Trump preoccupa innanzitutto le organizzazioni che nel mondo si occupano di diritti umani. Prima fra tutte Amnesty International. «Durante la sua campagna elettorale, il presidente eletto Trump ha più volte procurato grave costernazione e ha fatto maturare seri dubbi sulla forza dell’impegno verso i diritti umani che potremo aspettarci dagli Usa nel futuro – sottolinea Salil Shetty, segretario generale dell’organizzazione -. Ora deve lasciare tutto questo alle spalle e riaffermare e rispettare gli obblighi degli Usa sui diritti umani, sia all’interno del Paese che all’estero». Per Shetty finora c’è stata «una preoccupante e a volte velenosa retorica da parte del presidente Trump e di altri: una retorica che non può e non deve diventare politica di governo».

«Le parole xenofobe, sessiste e di odio di Trump non devono trovare posto nel governo», aggiunge Margaret Huang, direttrice generale di Amnesty International Usa, che chiede ora agli Usa di impegnarsi pubblicamente a rispettare i diritti umani di tutti, senza alcuna discriminazione. «Dai campi d’internamento all’uso della tortura, abbiamo visto i risultati disastrosi ottenuti da coloro che abbiamo eletto quando hanno tradito gli impegni degli Usa sui diritti umani. Tutti coloro che sono stati eletti oggi, dall’esecutivo ai consigli comunali, devono tenere in mente quella lezione», ha concluso Huang.

A preoccupare sono anche le esternazioni del neo presidente americano sui temi dell’immigrazione: più volte durante la campagna elettorale Trump ha detto di voler costruire un muro tra Stati Uniti e Messico per contrastare gli ingressi irregolari. «Le sue dichiarazioni sessite, razziste e islamofobe ci preoccupano a 360 gradi. L’unica speranza è che ciò che si dice in campagna elettorale serva solo a parlare alla pancia della gente – sottolinea Fiorella Rathaus, presidente del Cosiglio italiano rifugiati (Cir) -. Bisogna riflettere sul fatto che l’idea del muro si sia dimostrata nonostante tutto vincente: ciò potrebbe causare un effeto domino anche in Europa”. Per Rathaus il timore è che ci sia una recrudescenza nei toni per «stimolare i sentimenti peggiori della gente su alcuni temi. Speriamo che questo non comporti un restringimento dei diritti», aggiunge.

Anche sui temi ambientali sono in tanti a guardare oltreoceano per capire come si comporteranno gli Stati Uniti. Non nasconde le sue paure Legambiente soprattutto in relazione alla la linea che gli Usa adotteranno durante la Cop22 a Marrakesh. Sull’accordo di Parigi, invece, l’associazione ambientalista non ha nessuno dubbio: «La spinta impressa dalla ratifica dell’Accordo di Parigi non può essere arrestata da un solo Paese seppure molto importante come gli Stati Uniti, vista la grave crisi climatica che tocchiamo con mano ogni giorno – sottolinea Legambiente -. Per altro Trump non può ritirare gli Stati Uniti dall’accordo, essendo stato ratificato sulla base della Convenzione quadro sul clima già ratificato dal Senato americano durante la presidenza di Bush padre. E gli impegni di riduzione assunti dall’amministrazione Obama non possono essere rimessi in discussione in quanto saranno attuati attraverso norme già entrate in vigore. Vanno, infatti, tenuti presente gli impegni di molte città e Stati americani, insieme ad ampi settori dell’industria, a favore dell’Accordo di Parigi».

Per Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente, «ha ragione Obama: il sole sorgerà lo stesso domani – dichiara -. Anche se per la partita ambientale e climatica si apre una fase critica. Non è ancora chiaro se il neo Presidente seguirà l’approccio pro-industria fossile della campagna elettorale o piuttosto quello aperto e collaborativo dimostrato durante il suo discorso di accettazione e se, dunque, l’azione climatica contro i cambiamenti climatici continuerà con o senza l’appoggio degli Usa. La Cop21 ha avuto il grande merito di essere stato un momento di condivisione sentito da tutti, un momento importante che speriamo si possa replicare anche a Marrakesh anche se le elezioni americane rischiano di mettere in discussione gli impegni individuati. Una leadership, quella americana, che ora sembra venir meno e che rende ancora più vitale il ruolo di guida dell’Unione Europea». Secondo Muroni, inoltre, l’elezione presidenziale negli Usa deve spingere l’Europa ad un ruolo da leader internazionale «perché non si può più nascondere dietro Usa e Cina, rinnovando il suo impegno nella lotta ai cambiamenti climatici con azioni decisive e innovative – conclude -. A Marrakech non si perda questa occasione e si realizzi davvero una conferenza dell’azione definendo impegni stringenti, concreti, globali, seri ed ambiziosi da mettere subito in pratica».

10 novembre 2016