Dal Bambino Gesù nuova procedura per riconoscere il virus dell’Hiv dormiente

Alla vigilia della Giornata mondiale contro l’Aids (1° dicembre), nuova speranza di trattamento per i bambini, messa a punto con il Mit di Boston. Nel 2023 la sperimentazione

Una nuova procedura in grado di caratterizzare la carica virale residua e la risposta immunitaria protettiva a essa associata presente nei pazienti, individuando quei bambini in cui il residuo virale risulta dormiente e quelli in cui tale residuo comporta, se non adeguatamente trattato, un rischio di recidiva della malattia. È la nuova speranza di trattamento per i bambini affetti da Hiv, che arriva dall’Ospedale pediatrico Bambino Gesù alla vigilia della Giornata mondiale contro l’Aids, domani, 1° dicembre. I risultati di questa nuova procedura – messa a punto con il Mit di Boston – verranno presentati nella prossima edizione della Conference on Retroviruses and Opportunistic Infection, a Seattle nel mese di febbraio. Nel corso del 2023 poi partirà al Bambino Gesù la prima sperimentazione per la sospensione della terapia antiretrovirale nei bambini con riserva virale “dormiente”.

«Con carica virale residua (o riserva virale) – spiegano dal Bambino Gesù – si indica quella quantità di virus che rimane in alcune cellule (CD4) presenti sui linfociti T delle persone con infezione da Hiv. Ancora oggi rappresenta il principale ostacolo alla completa guarigione: la presenza del residuo, infatti, è ciò che rende necessaria l’assunzione di una terapia antiretrovirale per tutta la vita». La quantità di questo residuo è ridotta nei piccoli che hanno ereditato il virus dalla madre e hanno iniziato la terapia antiretrovirale precocemente. «Tuttavia, per capire le reali possibilità di cura è fondamentale una procedura diagnostica che richiede il prelievo di una notevole quantità di sangue, spesso difficoltoso trattandosi di bambini – precisano -. Ogni anno nel mondo si registrano circa 150mila nuove infezioni pediatriche, per un totale di circa 1.700.000 bambini con infezione da Hiv». E l’infezione “verticale” da Hiv – vale a dire, da madre a figlio – «interessa circa il 95% dei nuovi casi pediatrici ogni anno».

Per superare il problema delle ridotte quantità di sangue prelevabili da un bambino, i ricercatori delle aree di Immunologia clinica e Vaccinologia diretta da Paolo Palma e di Infezioni Complesse e Perinatali di Stefania Bernardi, in collaborazione con l’unità di Aferesi di Giovanna Leone della Medicina Trasfusionale del Bambino Gesù, hanno studiato l’applicazione di una procedura con cui ottenere una quantità ottimale di cellule pronte per la caratterizzazione. Il materiale cellulare così ottenuto ha consentito a medici e ricercatori del Bambino Gesù di eseguire una nuova caratterizzazione molecolare della riserva virale in collaborazione con il laboratorio di Mathias Lichterfeld del Mit di Boston, tra i massimi esperti mondiali in questo campo.

«Grazie ai risultati ottenuti dai due studi condotti dal Bambino Gesù è ora possibile determinare le caratteristiche della riserva virale dei bambini con infezione verticale da Hiv, individuando se il virus ancora presente nelle loro cellule abbia o meno la capacità di replicarsi, cioè se sia dormiente o attivo – spiega il professor Paolo Palma, responsabile dell’unità di ricerca di Immunologia clinica e Vaccinologia dell’ospedale -. Nei bambini in cui tale riserva si rivela completamente dormiente, sarà possibile procedere alla sospensione terapeutica nell’ambito di uno studio sperimentale controllato. Un traguardo inseguito da anni da medici e ricercatori che si occupano di Hiv», conclude. In concreto, la sperimentazione – già approvata dal Comitato etico del Bambino Gesù – partirà già nel corso del 2023. Attualmente presso l’Ospedale Pediatrico della Santa Sede sono seguiti circa 100 bambini e ragazzi con infezione da Hiv, quasi tutti con infezione verticale.

30 novembre 2022