Dacia Maraini racconta le sue “Memorie di una bambina in un campo di prigionia”
La presentazione del suo ultimo libro, “Vita Mia. Giappone, 1943”, alla Galleria dei Miracoli con il teologo Giuseppe Lorizio, direttore dell’Ufficio Cultura del Vicariato
Il potere “curativo” della scrittura. Questo uno dei punti chiave dell’incontro che si è svolto ieri, 9 ottobre, alla Galleria dei Miracoli, promosso dall’Ufficio Cultura del Vicariato di Roma in collaborazione con la chiesa di Santa Maria dei Miracoli, per presentare l’ultima fatica letteraria di Dacia Maraini: “Vita Mia. Giappone, 1943. Memorie di una bambina in un campo di prigionia” (Rizzoli). Accanto alla scrittrice di origine fiorentina, che in Giappone ha passato l’infanzia seguendo il padre, l’antropologo Fosco Maraini, con la madre e le due sorelle, monsignor Giuseppe Lorizio, direttore dell’Ufficio diocesano, e padre Ercole Ceriani, rettore di Santa Maria dei Miracoli.
Il libro di Maraini è uno scavo nella memoria del periodo in cui, durante la seconda guerra mondiale, lei e la sua famiglia si trovavano in Giappone, dove il padre insegnava. Al momento della caduta del regime fascista, alleato all’Impero giapponese, la non disponibilità di Fosco Maraini e sua moglie Topazia Alliata ad aderire alla Repubblica di Salò li fece internare come prigionieri politici dalle autorità nipponiche. Sono seguiti mesi e mesi di privazioni e umiliazioni, insieme agli altri europei prigionieri per gli stessi motivi.
«Mangiavamo i topi, ve li sconsiglio». Smorza così il racconto di quei giorni difficili Dacia Maraini, che ricorda soprattutto la violenza psicologica delle guardie. «Chi ha il potere spesso sviluppa una vena di sadismo», osserva. Ma nella serata non si sono susseguiti solo i ricordi: nel dialogo con la scrittrice, Lorizio di fronte a quel male raccontato e al male che aleggia nella storia, anche attuale, ritrova nelle parole dell’autrice «una spiritualità laica che affronta il mistero del mondo. Una vita senza mistero è senza prospettiva, senza meta», riflette. Una prospettiva materialista conduce «a esperimenti totalizzanti come la violenza della Repubblica di Salò, che ha dovuto subire Dacia da bambina». Da qui un appello: «Noi dobbiamo lottare per non ritrovarci a un bivio come quello, e possiamo farlo solo con la preghiera e l’impegno».
Una speciale sintonia è emersa tra la agnostica Maraini e il teologo Lorizio, risuonata nelle parole della scrittrice, che ha esplicitato il suo “credo”: «Credo nel mistero e nella sacralità dell’essere umano», forte dell’esperienza della «vicinanza della morte» in così giovane età (circa 6 anni); una vicinanza che l’ha interrogata a lungo negli anni. «Che un uomo di fede come don Lorizio e Dacia Maraini, sedicente laica, non credente, abbiano questi punti di incontro è affascinante e dà speranza che le cose che ci uniscono – la dignità umana, la ricerca della pace – sono di più di quelle che ci dividono», chioserà a margine dell’evento padre Ceriani.
Ma com’è sopravvissuta alla prigionia e al trauma Dacia Maraini? Grazie «a due genitori forti che non si sono mai lasciati abbattere, che non ho mai visto piangere o con le mani in mani in mano. Solo grazie a quell’esempio sono sopravvissuta e sono andata avanti». E racconta l’aneddoto più forte del libro: in un momento di massima tensione tra il padre («uomo fumantino») e le guardie che continuavano a insultarli («italiani codardi»), Fosco è andato a chiedere un trattamento meno disumano per le figlie innocenti, che «non sono prigioniere politiche, sono bambine». Alla risposta sprezzante del capo delle guardie è nato un gesto – frutto della conoscenza degli usi e dei simboli giapponesi da parte dello studioso -: recidersi un dito e lanciarlo sull’avversario, in quello che viene definito yubikiri. «Questo è un gesto di coraggio nella cultura giapponese, che crea un obbligo nel nemico». Da quel momento, pur nelle ristrettezze (20 grammi di riso al giorno a persona), un cambiamento: una capretta che col suo latte ha permesso a Dacia, Yuki e Toni (le tre sorelle) di alleviare i morsi della fame.
10 ottobre 2024