Da Roma il grido di pace per l’Ucraina

 In piazza Santi Apostoli la manifestazione promossa da Sant'Egidio. Le testimonianze delle vittime dell'odio di ieri - come Edith Bruck, sopravvissuta all'Olocausto - e di oggi. I "Giovani per la pace": «Vogliamo invecchiare nella pace: non abbiamo e non avremo mai bisogno della guerra»

«Inaccettabile e assurdo che l’Europa riviva, anche solo per un momento con ciò che sta succedendo tra Russia e Ucraina, i fantasmi delle guerre che hanno significato devastazione e morte nel Novecento». Così Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha aperto la manifestazione “Sì alla pace, no alla guerra”, che si è tenuta nel pomeriggio di ieri, 17 febbraio, in piazza Santi Apostoli. Una manifestazione che, senza nessuna bandiera di appartenenza «se non quella della pace», come hanno ribadito gli organizzatori, ha riempito la piazza, sempre nel rispetto delle norme anti-Covid, con cartelli, fiaccole, striscioni colorati e slogan contro la guerra.

«Era tanto, troppo, tempo – ha aggiunto Impagliazzo – che non si scendeva in piazza come sta accadendo oggi e sono colpito della grande adesione». Molti, infatti, i partiti, i sindacati e le realtà della società civile che hanno aderito. Tra le forze politiche presenti Pd, Forza Italia, Articolo Uno, Italia Viva, Demos, Sinistra civica ecologista, ma anche sigle come Cgil, Cisl, Uil, Acli, Azione Cattolica, Base Italia. «È un segnale importante perché troppo spesso negli ultimi anni – ha sottolineato Impagliazzo – siamo stati colpevoli di silenzio, quasi come se la guerra sparsa nel mondo sia diventata un’abitudine. Non possiamo illuderci che le guerre non ci riguardino, perché se la dimora del vicino brucia, dobbiamo innanzitutto salvarlo e poi renderci conto che prima o poi brucerà anche la nostra casa».

«L’odio fa male a tutti, a chi lo riceve ma anche a chi lo prova, ecco perché non ho mai odiato nessuno», ha raccontato Edith Bruck, scrittrice ungherese naturalizzata italiana e sopravvissuta all’Olocausto. Nel ricordare i momenti più inquietanti della sua deportazione, la scrittrice ha spiegato che «i giovani devono conoscere ciò che è successo proprio per capire che non bisogna odiare, ma prodigarsi per la pace, anche nei momenti più bui» perché, ha chiosato, «la speranza c’è sempre». Come Bruck nel Novecento, alcuni giovani hanno vissuto l’orrore della guerra negli ultimi anni e lo hanno testimoniato sul palco. Dawood Yousefi, rifugiato proveniente dall’Afghanistan e membro del gruppo “Genti di pace” di Sant’Egidio, ha ricordato che in moltissimi territori ancora imperversano «conflitti silenziosi, che non sono altro che il mezzo per dominare usato da persone crudeli e incapaci», così come ha testimoniato anche l’attività ucraina Svetlana Brovach che, lavorando al fianco delle persone anziane, ha «ascoltato, tramite i loro racconti e quelli di chi oggi sta in Ucraina, gli orrori delle guerre passate e presenti». La giornalista Marianna Soronevych, anche lei ucraina e presente in piazza, ha invece raccontato: «Tutta l’Ucraina sta soffrendo e rivivendo il dramma del 2014. Anche nella mia ragione, quella di Leopoli, distante dal confine con la Russia, sono tutti coinvolti perché la leva militare porta i giovani in guerra e otto anni fa i cimiteri si sono riempiti».

«Far sentire la voce della pace è la soluzione più “politica” che esista», ha affermato il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Dirimere le controversie internazionali con la violenza, ha sottolineato citando la Costituzione, «è il vero modo irrazionale e inaccettabile». Roma, ha spiegato il sindaco, «è una città di pace e sosterremo sempre la via della diplomazia, l’unica in grado di rispettare gli esseri umani e le differenze tra i popoli». Proprio l’unione tra popoli e culture è stata infatti l’altra grande risposta della città, e in particolare dei giovani, alla crisi tra Mosca e Kiev. Dal palco, Maria, dei “Giovani per la pace”, ha ricordato il flash mob che si è tenuto mercoledì 16 febbraio al Pantheon, evidenziando «la gioiosa presenza, oggi, di così tanti ragazzi che vogliono vivere, sorridere e fare nuove esperienze ma non quella della guerra. Siamo una generazione nata e cresciuta nella pace – ha sottolineato – e abbiamo tutta l’intenzione di invecchiare nella pace, perché non abbiamo e non avremo mai bisogno della guerra».

18 febbraio 2022