Da Roma a Torino, le vittorie degli atleti di Special Olympics

Medaglie in gara ma anche nella vita. Andrea Galiè (Roma12, nuoto): «Realtà che permette ai ragazzi una crescita esponenziale». Filippo Montemurri, atleta: «La gioia più bella, stare insieme agli amici»

Oltre 3mila gli atleti che si sono confrontati a Torino nella XXXVII edizione dei Giochi Estivi di Special Olympics, conclusi ieri, 9 giugno. Il più coinvolgente e atteso evento sportivo nazionale dedicato alle persone con disabilità intellettive, che ha visto in campo una folta delegazione di romani.

«Non è la prima volta che partecipo ma l’emozione è sempre unica a tal punto che ora che siamo tornati è difficile tornare al quotidiano, proprio per le esperienze vissute in questa settimana», racconta Andrea Galiè, uno degli allenatori di Special Olympics. Andrea ha seguito una decina di ragazzi del nuoto, del gruppo “Roma12”, mentre altri otto e altri dieci erano impegnati nella ginnastica ritmica e nell’atletica. «Noi – spiega – eravamo almeno una trentina ma da Roma ce ne erano decine e decine in più, provenienti da più gruppi e poi ovviamente da tutto il Lazio». Tantissimi, infatti, gli sport rappresentati: badminton, bocce, bowling, calcio a 5, canottaggio, dragon boat, equitazione, ginnastica artistica, indoor rowing, karate, golf, nuoto in acque aperte, pallacanestro, pallavolo unificata, rugby, tennis e tennistavolo.

La realtà di Special Olympics «permette ai ragazzi di avere una crescita esponenziale e un vistoso miglioramento nella loro vita, nel modo di comportarsi e relazionarsi e sono loro stessi un esempio per noi», aggiunge ancora Andrea. Le gare, infatti, sono sempre prese seriamente «e vorrei far vedere a molti adolescenti normodotati quanto impegno ci mettono questi ragazzi, contrariamente a chi, nella sua comfort zone, spesso getta la spugna per stanchezza o pigrizia». E l’importanza di Special Olympics, in particolare a Roma, è stata poi ribadita anche da Barbara Ripani, anche lei allenatrice: «Ci si allena anche due o tre volte a settimane, i gruppi sono numerosi, sempre attivi per eventi cittadini, regionali o nazionali e passa sempre un messaggio di integrazione e condivisione».

Nella foto, Andrea Galiè e Filippo Montemurri

Si tratta di giornate, appunto, speciali, per le emozioni che gli atleti vivono, come testimonia Filippo Montemurri, 37 anni e in gara nel nuoto. Filippo durante tutto l’anno nuota tra le fila della  “Roma12”, ma gioca anche a calcio con “La Stella Polare”. «La felicità per aver gareggiato e vinto molte medaglia non si può descrivere – racconta – ma le gioie più belle sono state quelle insieme agli amici, lo stare insieme, con la propria squadra. Siamo sempre molto uniti». E proprio il senso di comunità è alla base del racconto di Filippo, che si allena tre volte a settimana nel quartiere Eur, presso il complesso delle Tre Fontane. «La famiglia di Special Olympics è straordinaria – riferisce – e non vedo l’ora di tornare a gareggiare anche qui a Roma con la mia squadra, che è la cosa più importante che questo sport ti fa conoscere e apprezzare».

Nella foto, Maurizio Catapano e Barbara Ripani

Quando ci sono eventi del genere, poi, prosegue Andrea Galiè, «vengono meno tutti i possibili problemi legati alla logistica, a possibili esigenze di alimentazione o salute, nessuno quindi si sente a disagio o impaurito dalle folle come invece purtroppo spesso accade quando questi ragazzi vanno fuori o in vacanza per altri motivi». Una realtà che emoziona, quindi, anche i «non neofiti come noi e che è fondamentale per dare un segnale ai ragazzi che non hanno mai fatto sport e vivono molte difficoltà quotidiane», aggiunge Paolo Catapano, padre di Maurizio, che a Torino ha gareggiato in piscina ed è riuscito a frantumare i suoi record personali. «Ha migliorato di circa 20 secondi il suo primato», racconta con orgoglio il padre. I giochi di Special Olympics prevedono delle batteria dove gli atleti vengono raggruppati in base ai tempi simili che hanno conseguito, così da dare un equilibrio generale alla competizione. «Maurizio è riuscito in pochi giorni a scalare ben sette categorie, con la grinta che contraddistingue lui e molti suoi coetanei in gara». Un sano agonismo, dunque, che, sottolinea Catapano, «riesce a far apprezzare il valore aggiunto e la ricchezza della diversità e quindi viene rigettata quella cultura e quella mentalità che vede in un disabile una persona da rigettare o che non produce e non è quindi utile».

10 giugno 2022