Da piazza del Popolo il grido di pace dei bambini

Oltre mille i piccoli che hanno partecipato alla manifestazione organizzata dai Giovani per la pace di Sant’Egidio, provenienti da 20 scuole di Roma. Le lettere sulla pace e l’appello ai potenti della terra

«Vogliamo la pace, la guerra non ci piace. Basta armi, fanno solo danni». Lo hanno urlato con tutto il fiato che avevano in gola oltre mille bambini di venti istituti comprensivi di Roma che questa mattina, 1° giugno, hanno partecipato alla manifestazione “Facciamo pace!” organizzata dai Giovani per la pace della Comunità di Sant’Egidio. Hanno animato e colorato con i colori dell’arcobaleno piazza del Popolo e, alla vigilia della festa della Repubblica, sulle note dell’Inno di Mameli suonato dalla banda musicale dei Vigili del Fuoco, hanno fatto un lungo applauso all’Italia che «ripudia la guerra». In silenzio hanno ascoltato le lettere scritte da loro coetanei nati in Paesi ancora devastati dalla guerra come l’Ucraina, il Sud Sudan e la Siria o dove regna la violenza, come il Salvador. Bambini che frequentano le Scuole della Pace gestite da Sant’Egidio in varie parti del mondo e che chiedono di non essere dimenticati e di continuare a manifestare per chiedere la pace.

Olya, 9 anni, di Kiev, fuggita a Leopoli con la famiglia, nella sua lettera parla «dell’incubo della guerra», della paura delle bombe e delle notti trascorse nella stazione della metropolitana insieme a tantissime persone. «Quando siamo partiti – scrive – la cosa più difficile è stato scegliere cosa portare. Nel mio piccolo zaino non sapevo cosa mettere e cosa lasciare. I miei giochi, i miei libri. È stato molto triste». Ahmed, 13 anni, originario della Siria, è arrivato in Italia con i corridoi umanitari e del suo Paese ricorda solo la guerra, «la difficoltà di trovare da mangiare, la paura di uscire perché qualcuno poteva spararti, il fatto che non si poteva andare a scuola». E ancora, la lettera di Amir Ali, bambino afgano di 9 anni, che l’Afghanistan non l’ha mai visto: è nato in un campo profughi nell’sola di Lesbo e ora vive in un altro campo ad Atene. Ogni tanto si sente «triste e senza casa. In Afghanistan non è possibile tornare, in Grecia non ci vogliono – scrive – ma non riusciamo a raggiungere i parenti in Austria. Vi prego fate qualcosa, noi vogliamo solo vivere una vita bella come tutti voi». Pamela, originaria del Salvador, ora vive in Messico al confine con gli Stati Uniti dove «non si può entrare perché c’è un muro lunghissimo e se provi ad avvicinarti la polizia ti spara». Ai suoi coetanei chiede di pregare per lei e per tutti quei bambini che attendono che «la guerra e la violenza spariscano dalla terra. Godetevi tutto quello che avete – conclude -, giocate quanto volete, divertitevi, perché non tutti hanno la fortuna di farlo».

Altre lettere sulla pace scritte dai bambini di tutto il mondo sono state selezionate dalla Comunità di Sant’Egidio e saranno presto consegnate al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. I bambini delle scuole elementari e delle Scuole della pace hanno anche scritto e firmato un appello rivolto ai potenti della terra per dire «come costruire un mondo per tutti, nessuno escluso. Un mondo colorato come l’arcobaleno, dove tanti colori diversi si abbracciano e diventano un nuovo colore più bello». Nel documento chiedono che «tutti i bambini, in ogni parte del mondo, possano studiare, giocare, vivere sereni». La vita reale «non si può ricaricare come nei videogiochi e allora vogliamo abolire la guerra e la violenza». E poi l’invito al dialogo, a usare le parole al posto delle armi. «Anche a noi capita di litigare con gli amici – si legge nel testo dell’appello -, magari ci arrabbiamo ma siamo capaci di parlare, fare la pace e tornare a giocare insieme. Anche i grandi lo possono imparare».

1° giugno 2022