Da Kiev il nunzio Kulbokas: «Bombardano continuamente»

La testimonianza raccolta telefonicamente dall’Agenzia Sir: «Fa effetto celebrare la Messa, sentire i droni e supplicare il Signore perché accolga tra le sue braccia i caduti»

Il nunzio apostolico in Ucraina Visvaldas Kulbokas parla da Kiev. Raggiunto al telefono dall’Agenzia Sir racconta le ore drammatiche dell’attacco russo contro la Capitale ucraina, questa mattina, 17 ottobre, con i droni kamikaze Shahed-136 di fabbricazione iraniana. «Bombardano continuamente anche in questi minuti. Ci sono tanti droni che stanno attaccando Kiev e le autorità stanno dicendo di non uscire in città – riferisce -. Questa mattina anche mentre celebravamo la Messa in nunziatura si sentivano chiaramente questi droni che si avvicinavano. Fa effetto celebrare l’Eucaristia e sentire i droni che si stanno avvicinando, e pregare già per le vittime che probabilmente ci saranno alcuni secondi più tardi; dopo alcuni attimi si sentono le esplosioni (alcune sono avvenute a circa 1 chilometro di distanza), e supplicare di nuovo il Signore perché accolga tra le sue braccia i caduti».

Kulbokas racconta del «suono tipico» dei droni che si avvicinano – «come motori di bassa frequenza» -, dopo il quale «passano due e tre secondi e c’è l’esplosione e sai già che qualcuno morirà. E tutto avviene in diretta. Mentre celebravo l’Eucaristia, pregavo personalmente per loro». Spiega quindi che il drone lancia bombe di circa 35 chilogrammi e quindi produce «esplosioni importanti. Ci sono anche tanti tentativi, da parte della difesa, di abbatterli – informa -. Alcuni per fortuna vengono abbattuti. Altri arrivano e bombardano. È chiaro che prendono di mira edifici appartenenti a infrastrutture importanti. Tuttavia ogni attacco di fatto comporta anche esplosioni e incendi nelle case privare». Come il condominio privato colpito «un’ora fa, a distanza di un chilometro dalla nunziatura. C’è fumo dappertutto. Ogni esplosione è spaventosa come dimensione. Il fuoco si espande dall’edificio colpito ai dintorni. Si parla di persone che stavano nel rifugio. Stanno cercando di trarli in salvo. Speriamo che non ci siano vittime o almeno che non ci siano troppe vittime».

Parla di attacchi «frequenti e ripetitivi», il nunzio, sottolineando che comunque «per gli ucraini è meglio perdere la vita che non vivere sotto un regime che distrugge e si basa sulla violenza, sulla ingiustizia e sulla menzogna». Anche perché «le lancette della pace non erano mai andate avanti – rileva -. Sono rimaste ferme». E aggiunge: «I cristiani non sono uniti nel contrastare la guerra. Le Nazioni Uniti e gli organismi internazionali si rivelano incapaci di prendere decisioni che favoriscono la pace. Quindi, in tutto il Paese, da Kiev, a Odessa, da Kharkiv a Zaporizhzhia e Mykolayiv, siamo in una condizione in cui ogni attimo potrebbe essere l’ultimo momento di vita». La conclusione di Kulbokas è che «bisogna essere pronti per la vita eterna. È una situazione  psicologicamente difficile ma questa è la realtà che stiamo vivendo», prosegue. Quindi cita la preghiera di Mosè per il suo popolo, nella liturgia della Parola di ieri, 16 ottobre: «Un’azione unita tra Mosè che prega e il popolo che fa il suo dovere e si difende – osserva il Nunzio -. La preghiera, come poi diceva Gesù sempre nel Vangelo di ieri, deve essere insistente, costante e fiduciosa. Questo punto è fondamentale per me. È questo il nostro compito: bussare, bussare, pregare senza fermarsi, finché il Signore ci concederà la pace. Ma finché si possa arrivare alla pace, ci vuole anche la conversione dei cuori. E in questo caso, la conversione di chi ha lanciato questa aggressione. Sappiamo che si tratta però di una speranza molto difficile e lontana ma sappiamo anche che il Signore è il Signore di tutti e quindi a Lui nulla è impossibile».

17 ottobre 2022