Da Israele un no al cessate il fuoco

Il premier israeliano Netanyahu ha respinto la proposta della fazione palestinese: «Le richieste porterebbero a un altro massacro. Non c’è alternativa alla distruzione militare di Hamas». Per il segretario di Stato Usa Blinken, «c’è ancora spazio per un accordo sugli ostaggi»

Nulla di fatto per il cessate il fuoco in Medio Oriente. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha formalizzato il suo no alla proposta in tre fasi avanzata da Hamas. Nella conferenza stampa di ieri sera, 7 febbraio, a 4 mesi dall’inizio della guerra innescata dall’attacco del 7 ottobre contro Israele, ha parlato di un piano irricevibile. «Arrendersi alle condizioni deliranti di Hamas porterebbe a un altro massacro e a una grande tragedia per Israele che nessuno sarebbe disposto ad accettare». Quindi ha aggiunto: «I terroristi non sopravvivranno a Gaza».

Chiusa quindi ogni ipotesi di accordo con Hamas per il rilascio degli ostaggi israeliani, per i quali «il mio cuore va in frantumi – sono le parole che ha usato Netanyahu -. Non smetteremo mai di chiedere la loro liberazione, ma la pressione militare è il solo modo, non accetteremo mai le richieste di Hamas. Il giorno dopo la guerra – ha continuato – sarà anche il giorno post Hamas: non ci sarà più, neanche in formato ridotto. E la demilitarizzazione perenne di Gaza è l’unica possibilità».

La guerra insomma va avanti. Il premier israeliano lo ha rimarcato in conferenza stampa, poche ore dopo l’incontro con il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. «Solo la vittoria finale ci consentirà di portare la sicurezza nel nord e nel sud di Israele», ha dichiarato, riferendosi anche alla situazione al confine tra Israele e Libano. E nel frattempo, l’esercito israeliano avanza verso Rafah, al confine con l’Egitto, dov’è ormai ammassato l’85% della popolazione nella Striscia. «Ho detto a Blinken che Israele è ad un passo dalla vittoria totale», ha riferito ancora Netanyahu, ribadendo che «solo la pressione militare agisce per la liberazione degli ostaggi. I nostri soldati non sono caduti invano», ha assicurato.

L’obiettivo più volte indicato dal leader di Tel Aviv è «la completa demilitarizzazione di Gaza, in modo che i terroristi non rialzino più la testa». E in vista di una guerra che è destinata a durare ancora a lungo, lo Stato maggiore israeliano progetta di allungare la leva obbligatoria di almeno 4 mesi – fino a un totale di 36, anche per le donne nelle unità combattenti -, ampliando anche i periodi in divisa dei riservisti. «Siamo vicini alla vittoria totale – ha affermato con sicurezza Netanyahu -, non è questione di anni».

Prevedibile la reazione di Hamas, che nelle parole del premier israeliano vede «una forma di tracotanza politica» che dimostra la sua «intenzione di portare avanti il conflitto nella regione», ha spiegato l’esponente di Hamas Sami Abu Zuhri in alcune dichiarazioni. Ma Hamas, ha aggiunto, «è pronto ad affrontare tutte le opzioni», riferisce il Guardian.

Nella stessa giornata di ieri, ricevendo a Ramallah il segretario di Stato americano Blinken il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas gli ha chiesto di fermare «l’aggressione israeliana» a Gaza, riconoscendo lo Stato palestinese, rende noto l’agenzia Wafa. Ha insistito sulla necessità di aiuti umanitari per gli abitanti di Gaza e ribadito la sua opposizione a ogni trasferimento della popolazione palestinese della Striscia. Ha anche avvertito delle gravi conseguenze di un intervento militare israeliano a Rafah. Ancora, ha chiesto di intervenire contro le violenze di coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme est e di premere su Israele per il trasferimento dei fondi dovuti a Ramallah.

Confermata comunque la presenza di una delegazione di Hamas, guidata dall’esponente dell’ufficio politico del gruppo Khalil al-Hayya, al Cairo, per i colloqui con i mediatori di Egitto e Qatar. La notizia è arrivata dalla tv satellitare al-Jazeera, che ha riferito di una conferenza stampa a Beirut. Per il capo della diplomazia Usa Blinken, c’è ancora «spazio per un accordo» sugli ostaggi tra Israele e Hamas. Con questo obiettivo, ha aggiunto di aver messo in guardia Benjamin Netanyahu contro qualsiasi azione che «possa esacerbare le tensioni» e ha invitato Israele a prendere in considerazione «innanzitutto» i civili in caso di un’operazione a Rafah. Riguardo invece all’incontro con il presidente Abbas, informa di aver ribadito «il sostegno degli Stati Uniti alla riforma dell’Autorità Palestinese e alla creazione di uno Stato palestinese indipendente».

8 febbraio 2024