Da Gaza razzi su Gerusalemme. Il raid dell’aviazione israeliana

Notte di combattimenti: 7 missili di Hamas verso la Città Santa e decine sulle città nel Sud di Israele. La risposta di Israele. 24 le vittime palestinesi, tra cui 9 bambini

Gli scontri degli ultimi giorni tra polizia israeliana e palestinesi sono diventati conflitto aperto: scaduti i due ultimatum lanciati da Hamas per il ritiro degli agenti israeliani dalla Spianata delle moschee, dalla Striscia di Gaza sono partiti 7 razzi verso Gerusalemme e decine sulle città nel Sud del Paese. Immediata la risposta di Israele, che ha bombardato la Striscia, colpendo 140 obiettivi militari.  Fonti palestinesi parlano di almeno 24 vittime – tra cui 9 bambini – e decine di feriti. “Operazione Guardiano delle Mura”: questo il nome dato dall’esercito israeliano ai combattimenti iniziati ieri, che, riferiscono i media locali, si presume proseguiranno per diversi giorni. “Operazione Spada di Gerusalemme” è il nome con cui i media di Hamas definiscono i lanci di razzi verso Israele, coordinati dalla sala comune organizzata dalle milizie palestinesi a Gaza. In un video diffuso sul web, l’ala militare di Hamas ha affermato: «Gerusalemme ha chiamato, Gaza ha risposto». Il risultato: le sirene di guerra sono tornate a suonare  anche nei sobborghi attorno alla Citta Santa per la prima volta dai 59 giorni di battaglia nell’estate del 2014. Aperti i rifugi pubblici anti missile.

I capi di Hamas hanno rivendicato tutte le operazioni, senza mostrare nessuna volontà di  ridurre la tensione: «Si è trattato di una risposta – hanno detto – all’aggressione e ai crimini contro la Città Santa e alle prevaricazioni contro il nostro popolo nel rione di Sheikh Jarrah e nella moschea al-Aqsa». All’origine delle tensioni e dell’escalation di violenza delle ultime settimane infatti c’è da una parte la scelta della polizia di circondare la piazzetta davanti alla Porta di Damasco con delle barriere di metallo, per evitare che diventasse punto di incontro per l’organizzazione delle proteste, dall’altra il possibile sfratto di una ventina di famiglie che vivono nelle zone di Sheikh Jarrah e Silwan dopo che alcune organizzazioni di coloni oltranzisti hanno ottenuto dal tribunale la conferma del diritto di proprietà sugli edifici, che prima della nascita dello Stato di Israele, nel 1948, appartenevano a ebrei, anche se i palestinesi ci vivono da almeno 60 anni.

Anche l’Autorità nazionale palestinese (Anp) aveva parlato, in mattinata, di «aggressione criminale contro i luoghi santi e i residenti», annunciando di valutare tutte le possibilità per rispondere. Il governo Netanyahu, da parte sua, aveva cercato di spegnere la miccia, rimuovendo le barriere dalla Porta di Damasco mentre la Corte suprema si era espressa per il rinvio della decisione sul possibile sfratto delle famiglie di Sheikh Jarrah e Silwan. Non è bastato a evitare che gli scontri iniziati quasi un mese fa si trasformassero in conflitto. «Hamas ha varcato una linea rossa – le parole del premier israeliano Benyamin Netanyahu -. Israele colpirà con grande potenza, non tolleriamo attacchi al nostro territorio, alla nostra Capitale, ai nostri cittadini e ai nostri soldati. Chi ci attacca pagherà un duro prezzo».

In allerta anche la comunità internazionale. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha espresso «profonda preoccupazione per le continue violenze nella Gerusalemme est occupata, nonché per i possibili sgomberi di famiglie palestinesi dalle loro case nei quartieri di Sheikh Jarrah e Silwan». In una nota, ha esortato Israele a «cessare le demolizioni e gli sfratti, in linea con i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario. Le autorità israeliane – si legge ancora nel testo – devono esercitare la massima moderazione e rispettare il diritto alla libertà di riunione pacifica. Tutti i leader hanno la responsabilità di agire contro gli estremisti e di pronunciarsi contro gli atti di violenza e istigazione». Da Guterres anche l’esortazione a «mantenere e rispettare lo status quo nei luoghi santi» insieme al rinnovato impegno «a sostenere palestinesi e israeliani, anche attraverso il Quartetto per il Medio Oriente, nella risoluzione del conflitto sulla base delle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, del diritto internazionale e degli accordi bilaterali». Intanto dagli Stati Uniti l’amministrazione Biden ha espresso serie preoccupazioni per l’escalation delle violenze, ha riferito la portavoce della Casa Bianca Jen Psaky, aggiungendo che gli Usa condannano i lanci di razzi sulla città. Anche il segretario di Stato americano Antony Blinken ha lanciato un appello a israeliani e palestinesi per una de-escalation della situazione.

11 maggio 2021