Da Clint Eastwood una lezione di autenticità

Nel nuovo film, American Sniper, un grande affresco di vita, storia e leggenda, e insieme un accorato appello alla riconciliazione, alla difesa dei beni comuni, al superamento di inutili fanatismi

Forse è superfluo ricordare che Clint Eastwood ha conquistato la notorietà grazie ai tre western di Sergio Leone Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965), Il buono, il brutto, il cattivo (1966). Quasi nello stesso periodo, Eastwood è passato alla regia, e ha diretto titoli di grande successo, quali I ponti di Madison County (1995), Million dollar baby (2004), Gran Torino (2008). Tra i molti altri, anche Flags of our father (2006) e Lettere da Iwo Jima (2006), che affrontano il tema del conflitto tra Stati Uniti e Giappone, raccontandolo dalla parte prima degli Usa poi da quella giapponese.

Il tema della guerra è al centro anche del suo nuovo film, American Sniper (il cecchino americano), uscito nelle sale il 1° gennaio scorso. Nel ruolo del titolo c’è Chris Kyle, un militare dell’US Navy Seal, inviato in Iraq con una missione precisa: proteggere i suoi commilitoni con il compito appunto di cecchino. La sua straordinaria precisione salva innumerevoli vite e permette di eliminare molti nemici, al punto che la truppa lo chiama «leggenda». Chris resta in missione in totale per quattro anni. Ha moglie e figli e a un certo punto, lontano dalla dimensione della guerra, sembra perdere il controllo di se stesso. Quando arriva il momento del rientro definitivo, Chris è ormai stressato e debilitato. Si sforza però di apparire normale e accetta di passare qualche ora con un reduce bisognoso di aiuto. Non tornerà più a casa. L’uomo lo uccide all’improvviso. È il febbraio 2013.

Non stiamo rivelando un finale a sorpresa. La vicenda infatti è vera, ancora recente e amaramente beffarda. Nel momento in cui sta prendendo la giusta distanza dalla guerra, un soldato appena rientrato gli spara senza motivo. Un evento da tragedia alta e imperscrutabile: la guerra, le tante guerre che l’America ha combattuto e ancora combatte, i lutti, le privazioni, le ferite subite e inferte. Il copione diventa così un grande affresco di vita, storia, leggenda, di cinema sublimato nel vero e spalmato nella infinita mitologia americana. Entrando nel cuore di quella linea di confine dove dolore e rispetto per i valori condivisi trovano un punto d’incontro, Eastwood disegna un accorato appello alla riconciliazione, alla difesa di beni comuni, al superamento di inutili fanatismi. Un patriottismo che significa fiducia nella verità e nella famiglia come sostegno, come capacità di ascoltare, aspettare, comprendere. Una nuova lezione di autenticità da parte di Eastwood che, a 84 anni, osserva il mondo e le cose con uno sguardo acuto, lucido, intelligente, libero da condizionamenti.

5 gennaio 2015