Da Berlino, l’appello ad ascoltare «il grido soffocato della pace»

Ai piedi della Porta di Brandeburgo, l’ultimo atto dell’incontro dei leader religiosi del mondo promosso dalla Comunità di Sant’Egidio “L’audacia della pace”. Il messaggio del Papa: «L’insistenza della preghiera è la prima forma di audacia»

Il cielo di Berlino è ancora illuminato dal sole pomeridiano quando i leader delle religioni del mondo si riuniscono per ribadire che la pace è l’unica alternativa alla guerra. Lo faranno ancora tra un anno, nel 2024, quando si incontreranno a Parigi. Ma ieri, intanto, 12 settembre, sono state migliaia le persone che si sono ritrovate ai piedi della Porta di Brandeburgo, a Berlino, per l’ultimo atto dell’incontro internazionale e interreligioso “L’audacia della pace”, promosso per tre giorni dalla Comunità di Sant’Egidio. Il monumento che simboleggia l’unione della Germania e che, inevitabilmente, ne ricorda l’irragionevole divisione ha fatto da scenario alla richiesta di pace invocata per il popolo ucraino e non solo. «Oggi la guerra devasta ancora troppe parti del mondo», ha detto Papa Francesco in messaggio letto dal nunzio in Germania Nikola Eterovic. «Penso a tante zone dell’Africa e del Medio Oriente, ma anche a molte altre regioni del pianeta», le parole del pontefice, che non ha tralasciato la guerra in Ucraina: «Un conflitto terribile – lo ha definito – che non vede fine e che ha provocato morti, feriti, dolori, esodi, distruzioni».

Pariserplatz, la piazza di Berlino dove si erge maestosa la Porta di Brandeburgo, è colma di spiritualità. È quella che promana dai rappresentati delle religioni di tutto il mondo che da tre giorni pregano, ciascuno secondo i propri rituali, per invocare la pace. «L’insistenza della preghiera è la prima forma di audacia», le parole del Santo Padre lette nella piazza in cui ogni rappresentante religioso ha acceso un cero, simbolo della speranza che quelle preghiere vengano esaudite. È l’eredità dell’opera di dialogo che san Giovanni Paolo II avviò ad Assisi nel 1986. Allora come oggi i conflitti interrogano lo spirito. «Insieme ci facciamo mendicanti di pace», recita l’appello finale sottoscritto dai leader religiosi mondiali. Mendicare la pace, perché, prosegue l’appello, «il mondo, la nostra casa comune, è uno solo: ci è stato dato in eredità e tale lo dobbiamo lasciare alle future generazioni». E allora non resta che ricorrere all’audacia della pace: «Il coraggio di cominciare a parlarsi mentre c’è ancora la guerra».

Già, c’è ancora la guerra, che è fatta di vittime e sofferenze. «Un incendio terribile, che non rispetta nessuno», l’ha definita il cardinale Matteo Zuppi. «Ma un cuore in pace può spegnere questo incendio», ha detto durante il momento di preghiera che ha radunato i fedeli cristiani. Terminata la sua meditazione, il presidente dei vescovi italiani ha lasciato Berlino per dirigersi verso Pechino dove, tra il 13 e il 15 settembre, condurrà la quarta tappa della missione di pace per l’Ucraina voluta dal Papa. «Continuiamo a pregare per la pace senza stancarci, a bussare con spirito umile e insistente alla porta sempre aperta del cuore di Dio e alle porte degli uomini. Chiediamo che si aprano vie di pace, soprattutto per la cara e martoriata Ucraina», il messaggio arrivato dal Santo Padre. L’ufficialità del viaggio in Cina è arrivata nel bel mezzo dell’ultima giornata del meeting delle religioni mondiali, come a simboleggiare il gesto di dialogo più concreto che si potesse sperare dalla tre giorni berlinese. «Abbiamo l’urgenza di ascoltare il grido soffocato della pace. Dialogare oggi, mentre parlano le armi, non indebolisce la giustizia ma crea le condizioni di una nuova architettura di sicurezza per tutti», il messaggio congiunto delle religioni riunite nella piazza Pariserplatz.

Dialogare mentre tutt’intorno è distruzione. È un gesto di coraggio, non di debolezza. «Ci vuole il coraggio di saper svoltare, nonostante gli ostacoli e le obiettive difficoltà», ha detto Papa Francesco riferendosi a «un mondo in cui tutto va avanti veloce, solo la fine delle guerre sembra lenta». Le parole del pontefice si modellano sulla storia di cui Berlino è testimone, suo malgrado. La caduta del muro che separava le due Germanie, ha ricordato Francesco, è «avvenuta con il concorso di vari fattori, il coraggio di tanti e la preghiera di molti». Ma quella speranza di una pace mondiale, che per un attimo è sembrata possibile, è svanita. «Purtroppo negli anni non si è costruito su questa speranza comune, ma sugli interessi particolari e sulla diffidenza nei riguardi altrui» – è la riflessione del Papa -. Così, anziché abbattere muri, se ne sono innalzati altri. E dal muro alla trincea il passo, purtroppo, è spesso breve».

In piazza il tramonto stenta a farsi scorgere quando si levano cartelli che in ogni lingua dicono solo una cosa: Pace. «L’audacia della pace – sono ancora le parole di Francesco – è la profezia richiesta a quanti hanno in mano le sorti dei Paesi in guerra, alla Comunità internazionale, a tutti noi, specie agli uomini e alle donne credenti, perché diano voce al pianto delle madri e dei padri, allo strazio dei caduti, all’inutilità delle distruzioni, denunciando la pazzia della guerra».

13 settembre 2023