Al tempo del cyberbullismo, nasce il “Difensore della cybervittima”, con il compito preciso di creare uno “scudo” per chi subisce la prepotenza dei “criminali del web”. L’iniziativa è frutto di un’intesa tra la Società italiana di medicina dell’adolescenza, l’Associazione nazionale dei difensori civici italiani e Civicrazia, una rete di oltre 4mila associazioni che si occupa della tutela dei diritti della persona.

«Dare un amico a soggetti deboli, particolarmente fragili, che si trovano in situazioni terribili benché ci sia già una legge nazionale di contrasto al cyberbullismo (la legge 29 maggio 2017, n. 71) e molte altre a livello regionale». Questo, nelle parole del principale promotore Giuseppe Fortunato, difensore civico della Campania, l’obiettivo della nuova figura, pensata per rispondere concretamente alla domande del “cosa fare”. «Considerando che quella della vittima del cyberbullismo è una situazione da “pronto soccorso”, abbiamo pensato a uno strumento operativo, che suggerisce alle vittime come comportarsi. L’acronimo per le azioni necessarie è “Cerca”: consapevolezza, evitare il bullo, reagire, cancellare, aiuto», spiega Fortunato.

Il primo passo: «Aiutare il ragazzo o la ragazza a prendere consapevolezza di quello che sta vivendo, spingendo a chiedere un aiuto specializzato, perché serve saper rispondere in modo adeguato a episodi di cyberbullismo, tenendo conto pure delle diverse forme in cui si manifesta». Tra questi il flaming, ossia la violenza verbale e volgare; il doxing, ossia la diffusione di informazioni private e personali; il tricking, ossia «carpire la fiducia della vittima».
Poi, prosegue il difensore civico della Campania, «invitiamo la vittima a evitare il bullo: infatti non ci si può illudere di redimerlo».

Ulteriore step è «far sapere alla vittima che è vietato diffondere in rete le notizie che la riguardano, vere o false che siano. Spesso – prosegue Fortunato – gli adolescenti fragili, pensando che le offese contro di loro abbiano fondamento, si chiudono in se stessi vergognandosi. Ci sono troppi suicidi e, come ha scritto una delle ragazze che si è tolta la vita, “le parole sono peggio delle botte”. Noi vogliamo far capire che non c’è niente di cui vergognarsi, è necessario reagire». Anche grazie a un rimedio pronto: «Chiedere la cancellazione di quelle notizie o di quelle foto al titolare del trattamento o al gestore scrivendo “Per la legge sul cyberbullismo cancellate subito”. Se entro 24 ore non fanno sapere nulla oppure se entro 48 non hanno cancellato, segnalare al garante della privacy (che provvede entro 48 ore)».

L’ultimo passo è la richiesta di aiuto: «Per avere il nostro intervento basta inviare una mail a difensoredellacybervittima@gmail.com. In questo impegno chiamiamo a raccolta psicologi, psichiatri, medici, avvocati per costituire una task force al servizio delle cybervittime. Oltre al dramma dei suicidi – conclude Fortunato – non vogliamo sottovalutare le ferite profonde che non si rimarginano nei cuori delle vittime. In quel caso offriremo a chi ci contatta un ausilio permanente, con un approccio multidisciplinare. L’esperto diventa un “amico” qualificato».

21 ottobre 2019