Culda, la profetessa con “occhi da donnola”

La vicenda della donna che interpreta un rotolo della Scrittura e si fa eco della Parola di Dio che viene a dire a Giuda di fermarsi, di non procedere sulla via della morte

La profezia è quella luce del cuore che permette di discernere il presente così da diventare capaci di prevedere e prevenire gli accadimenti futuri. Per questo è la forma più autentica di intelligenza. Oggi si dice (troppo) spesso: «Quella persona è intelligente» quando mostri furbizia o scaltrezza nel fare propaganda per i propri interessi anche dicendo il falso. È un vero tradimento della lingua italiana e della semantica della parola che viene dal latino: “Intus – legere” vale a dire “vedere dentro”, capire cosa c’è sotto il velo di ciò che appare per poi denunciarlo.

Nella Scrittura è certo che questo aggettivo si possa predicare dei profeti di verità, che ascoltano la parola di Dio e hanno il coraggio di pronunciarla contro chi vorrebbe corromperla, rovesciarla, mistificarla. Contro i falsi profeti, i millantatori, i parolai, quelli che non rispondono nemmeno alla voce di una coscienza interiore o che – come molti si vantano di affermare – la coscienza non ce l’hanno. Oggi sembra persino un delitto usare criteri di carattere morale non solo nelle considerazioni, nelle valutazioni o nelle decisioni economiche ma anche in quelle politiche. L’unico, effettivo criterio utilizzato sembra essere quello dell’interesse di una parte sull’altra, al di là del vero e del falso e, quindi, del bene dell’altro che potrebbe essere uno svantaggio per me.

E veniamo a Culda, l’ultima delle tre profetesse bibliche in ordine canonico (cf. 2Re 22,15-20). Dopo Miriam, che vediamo danzare al suono di tamburelli subito dopo il passaggio del Mar Rosso, per accompagnare il canto della libertà (cf. Es 15,20), e Debora, che vediamo seduta sotto la “quercia di Debora” in atto di giudicare per poi intonare uno stupendo cantico di vittoria (cf. Gdc 4-5), ecco ora Culda che interpreta, addirittura, un rotolo della Scrittura. Che fa tecnicamente, si può dire, opera di intelligenza e discernimento.

Culda è una profetessa non rispetto a dei sogni o a delle visioni ma a ciò che gli antichi, i padri, hanno sperimentato e messo per iscritto perché i figli, conoscendolo, ne traessero beneficio per la loro vita e il loro futuro. Siamo nel 622 a. C., nel regno di Giosia, il quale intraprese dei lavori di restauro del Tempio: «Il re mandò Safan, figlio di Asalia, figlio di Mesullàm, scriba, nel tempio del Signore, dicendo: “Sali da Chelkia, il sommo sacerdote, perché metta assieme il denaro depositato nel tempio del Signore. Lo si dia in mano agli esecutori dei lavori, sovrintendenti al tempio del Signore ossia ai falegnami, ai costruttori e ai muratori, per l’acquisto di legname e pietre da taglio per riparare il tempio”» (2Re 22,3-6). Ed ecco che «il sommo sacerdote Chelkia disse allo scriba Safan: “Ho trovato nel tempio del Signore il libro della legge”».

Niente di meglio per ridare fondamento etico e religioso al popolo di Giuda! Ma quando Safan lesse il libro davanti al re, all’udirne il messaggio quegli si stracciò le vesti e ordinò: «Andate, consultate il Signore per me, per il popolo e per tutto Giuda, riguardo alle parole di questo libro ora trovato; grande infatti è la collera del Signore, che si è accesa contro di noi» (2Re 22,8.13). Il re Giosia era saggio e capì che bisognava interpretare quel testo! Egli usa un documento scritto al pari di come il Faraone usava i suoi sogni, in specie quelli delle sette vacche magre che divoravano le sette grasse: tanto inquietante era quel fatto che occorreva qualcuno capace di capirlo e di trarne, pertanto, un messaggio per l’oggi.

E se con Faraone fu Giuseppe che – tra tanti falsi profeti che v’erano in Egitto – diede la lettura opportuna, adesso è invece una profetessa a riuscire a farlo. V’erano, infatti, anche dei profeti in quel tempo a Gerusalemme – primo fra tutti Geremia – ma solo Culda fu ritenuta idonea a capire il senso del libro ritrovato sotto le mura del Tempio. Le cose che v’erano scritte si avverarono, infatti, qualche decennio dopo.

Culda è la prima figura biblica a valutare il carattere sacro di un documento scritto. Ci si chiede come mai fosse proprio una donna ad aver riconosciuta tale autorità che ancor oggi manca in molti ambiti religiosi. Qualcuno dice perché i profeti maschi fossero, allora, impegnati in altre cose. Ma noi pensiamo che fosse perché le donne – non solo le profetesse – sono, nella Bibbia, discepole e madri della Sapienza – di cui è fatta la Torah, la Parola di Dio – che è fonte e custode della vita. Gli abitanti di Gerusalemme, a quel tempo, erano molto corrotti e presto avrebbero pagato il danno della loro follia, della violenza, dell’infedeltà al Dio dell’Alleanza, al suo diritto e alla sua giustizia.

Culda è la voce che si fa voce della Parola di Dio che viene a dire a Giuda di fermarsi, di non procedere sulla via della morte, anche se, ormai, sembra che il tempo per cambiare rotta sia scaduto e inevitabile la catastrofe. Culda significa “donnola”, un animale che vive di notte e si gira da una parte e dall’altra per osservare ciò che la circonda. Che la sua voce intelligente e profetica possa risuonare ancora su quelle “porte di Culda” che ancor oggi danno accesso al santuario, sulla spianata del Tempio.

22 ottobre 2024