Covid, numeri in aumento. Roma è pronta per la gestione dei più vulnerabili?

Intersos, Medu e Medici Senza Frontiere: «Mancano posti in accoglienza e per l’isolamento fiduciario. Questi mesi non hanno insegnato nulla, non c’è stata programmazione»

Contagi in aumento in tutta Italia e anche nel Lazio. Nel Lazio si parla di oltre 15mila casi attualmente positivi, di cui circa 14mila in isolamento domiciliare. I numeri crescono anche per l’incremento dei tamponi ma il virus torna a far paura, in particolare, nella Capitale. Mentre cambiano le disposizioni per bar e ristoranti, in forza dell’ultimo dpcm, però, la situazione resta invariata e preoccupante per i più vulnerabili. Per chi vive in strada, nei siti informali o in coabitazione forzata infatti non si è pensato a soluzioni di emergenza straordinaria. E la situazione è rimasta più o meno la stessa di sette mesi fa. Mancano i posti per l’isolamento fiduciario, manca un piano strutturato. In previsione della stagione fredda, in piena epidemia, Roma è pronta a far fronte alle esigenze dei più bisognosi? Lo abbiamo chiesto a tre organizzazioni, Intersos, Medu e Medici senza Frontiere, che si occupano dell’assistenza in strada, nelle stazioni, negli insediamenti informali e nelle occupazioni romane.

Intersos: «Siamo messi peggio di marzo sulle vulnerabilità, in questi mesi nessun passo avanti». Per la coordinatrice dell’intervento dell’organizzazione a Roma Valentina Murino, «non siamo pronti a gestire una nuova ondata di contagi durante l’emergenza freddo, siamo nella stessa situazione di marzo. Il Comune si sta muovendo e sta facendo accordi per attivare una struttura per i positivi senza dimora ma è già tardi, sono richieste che abbiamo inoltrato a marzo. Dall’inizio abbiamo chiesto che ci si attivasse per i più vulnerabili. Insieme ad altre associazioni chiedevamo un tavolo anche con la Regione per mettere a sistema gli interventi, non è mai successo». Intersos ricorda che ad oggi «non esiste una struttura protetta ad hoc per i senza dimora e sulle strutture ponte il ritardo è ormai di mesi e si somma al ritardo generale nel welfare».  A Roma «mancano posti a Roma per l’accoglienza, abbiamo sperato che l’epidemia servisse a dare una smossa, così non è stato», continua Murino. Il Piano caldo, infatti, è appena terminato e le strutture dedicate sono state chiuse, riducendo di 150 il numero dei posti in accoglienza nel circuito cittadino ordinario e straordinario. Ora si attende l’attivazione del Piano freddo.

«Quello che chiediamo è di non rimettere in piedi il passato ma di potenziare i servizi. Quello che vediamo è che siamo ancora in alto mare, Comune e Regione non si sono mai seduti a un tavolo per attivare una cabina di regia multidisciplinare con le associazioni che operano per tamponare l’emergenza». Intanto il numero delle persone in strada aumenta. «Abbiamo assistito anche in questi ultimi mesi a sgomberi senza soluzione alternativa – aggiunge la responsabile di Intersos -. Inoltre, le accoglienze sono rimaste bloccate in assenza di protocolli anti-Covid e questo non ha permesso il turn over nei centri». Intersos in questi mesi ha continuato le sue attività di assistenza: «Facciamo una prima visita di valutazione medica e poi attiviamo il tampone, se necessario. Inoltre, facilitiamo il collegamento con le Asl – spiega Murino -. Facciamo visite mediche in strada in tutta la zona della stazione Termini, gli stessi team visitano anche occupazioni e centri informali. In più abbiamo un protocollo col Comune per la formazione allo staff che deve fare gli ingressi nel circuito cittadino di emergenza. E un altro protocollo col centro ponte Barzilai dove si fa l’isolamento per chi deve entrare nel Siproimi. Complessivamente – conclude – possiamo dire che siamo peggio che a marzo. A marzo ed aprile, infatti, i numeri su Roma erano ancora bassi. Oggi la situazione è diversa, anche tra i più vulnerabili. E non siamo pronti».

Msf: «Tanti ancora i nodi critici, nonostante i numeri in aumento». D’accordo anche Francesca Zuccaro, responsabile del progetto Roma di Medici senza frontiere: «Non siamo pronti. I punti critici, dopo mesi, sono tutti lì ed esasperati dal fatto che ci troviamo di fronte a contagi in aumento – spiega -. La curva epidemiologica sta cambiando, anche il pattern sta cambiando. Nei mesi precedenti non avevamo visto tanti casi negli insediamenti informali». Le criticità sono diverse: c’è una questione strutturale legata ai problemi del sistema sanitario già normalmente provato; la difficoltà di portare avanti la parte diagnostica e una gestione delle accoglienze sempre più difficile. «Per le persone che sono in strada o in siti informali riscontriamo un’ inadeguatezza nella risposta – aggiunge -: non c’è, perché non c’è mai stata. Per mesi sono stati bloccati gli inserimenti nei circuiti di accoglienza perché mancavano protocolli, ora che ci sono, le procedure sono spesso inefficaci. E i posti scarseggiano: ci sono liste d’attesa e questo ovviamente impatta sulle vulnerabilità».

Oltre che nei siti informali, Msf lavora da mesi nelle occupazioni abitative strutturate. «Qui vediamo che le cose funzionano: siamo riusciti a rendere le comunità dei residenti il più possibile consapevoli e autonomi nella gestione. Abbiamo attivato una collaborazione con le Asl, ormai c’è un legame di conoscenza e fiducia. In questi mesi si è consolidato un rapporto di sinergia, questa parte è stata messa a sistema ma nel momento in cui c’è la necessità di avere strutture ponte dove accogliere i casi positivi o sospetti la situazione si fa critica. Per questo ribadiamo la necessità di mettere su un tavolo con Comune e Regione per attivare centri Covid e strutture ponte. Questo è il momento di intervenire, finora l’amministrazione è stata distante ma non si può più perdere tempo».

Medu: «Siamo in affanno, mesi di immobilismo come se fosse tutto risolto». Alberto Barbieri, di Medu, aggiunge: «Siamo in difficoltà sia per chi vive in strada che per chi si trova negli insediamenti informali. La situazione è la stessa di mesi fa. Inizialmente c’è stato un contatto tra associazioni, Regione e Comune, per ampliare le strutture e i posti per la quarantena. Poi tra maggio e giugno si è fermato tutto, come se il problema fosse risolto, e ora ci troviamo in affanno». Nei singoli municipi le organizzazioni continuano a rimanere in contatto costante con le Asl. «Stiamo facendo una serie di riunioni perché pensiamo sia necessario prepararsi: nelle prossime settimane i numeri aumenteranno in maniera significativa, è necessario dunque fare un lavoro sul territorio di sorveglianza attiva – aggiunge Barbieri – Purtroppo la prima ondata di Covid non ci è servita da insegnamento, o lo è stato solo in modo parziale. Ora  scontiamo il ritardo,  siamo molto preoccupati. Per ora la situazione dei ricoveri è gestibile ma la tendenza è quella di un incremento esponenziale». Per questo anche Medu ribadisce la necessità di un «intervento tempestivo sul territorio, che però deve essere attivato subito perché siamo già troppo in ritardo».

Intanto venerdì scorso, 16 ottobre, Baobab Experience ha denunciato un nuovo sgombero al presidio della stazione Tiburtina. «Il sindaco ha parlato di intervento di pulizia e santificazione – denunciano – e di migranti presi in carico. Ma il loro intervento è consistito nel buttare le coperte dei senza fissa dimora, l’unico riparo per gli esclusi dal circuito istituzionale di accoglienza». Il Baobab sottolinea inoltre che nell’ultima settimana sono arrivati al loro presidio 150 persone: «Uomini, donne e bambini transitanti, evidentemente invisibili agli occhi dell’amministrazione. La campagna elettorale è iniziata – aggiungono -, nel caso in cui il sindaco Raggi volesse davvero dialogare di programmi di inclusione, superando la narrazione securitaria delle destre, noi, come sempre, siamo pront». (Eleonora Camilli)

21 ottobre 2020