Coutts: «In Pakistan testimoni di una Chiesa sofferente»

L’arcivescovo di Karachi ospite dei Dialoghi in cattedrale: «Dobbiamo essere testimoni di speranza, amore e conciliazione in un mondo violento»

L’arcivescovo di Karachi ospite dei Dialoghi in cattedrale: «Dobbiamo essere testimoni di speranza, amore e conciliazione in un mondo violento»

«Siamo una minoranza piccola ma attiva, che sta contribuendo allo sviluppo del Pakistan, ma negli ultimi anni siamo chiamati ad essere testimoni di una Chiesa sofferente». La presenza di monsignor Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, ha arricchito il secondo appuntamento dei Dialoghi in cattedrale, dedicato a «La libertà religiosa e la libertà d’espressione nella società multiculturale». Martedì 24 marzo, erano in tanti ad ascoltarlo nella basilica di San Giovanni in Laterano, dove ha parlato della situazione di «tensione e ansia» vissuta dai cristiani in Pakistan.

L’ultimo attentato risale al 15 marzo, quando due chiese di Lahore sono state prese di mira da altrettanti kamikaze talebani, provocando la morte di 15 fedeli che assistevano alla Messa e il ferimento di altri 78. Ma una continua fonte di discriminazione nei confronti dei cittadini cristiani è la legge sulla blasfemia, che punisce con l’ergastolo chiunque profani il Corano, condanna a morte chi insulta il profeta Maometto e «può essere facilmente usata in modo improprio». Tuttavia, ha concluso monsignor Coutts, «non è tutto buio e noi non viviamo senza speranza» ma sappiamo di dover essere «testimoni di speranza, di amore e di riconciliazione in un mondo sempre più intollerante e violento».

«Come fare dunque a coniugare la libertà religiosa, come diritto fondamentale di ogni persona, con le altre espressioni di libertà?». Lo ha domandato il cardinale vicario Agostino Vallini, che ha moderato l’incontro, facendo riferimento ai recenti attacchi terroristici di Parigi e Tunisi. Secondo Carlo Cardia, docente di Diritto ecclesiastico, Diritto canonico e Diritto delle istituzioni religiose all’Università Roma Tre, «combattere il fondamentalismo è il primo dovere per tutti», ma bisogna essere consapevoli che «anche nelle terre d’Occidente, la libertà d’espressione religiosa è insidiata e contraddetta».

«Da anni, legislatori, tribunali e documenti internazionali cercano in alcuni Paesi di spegnere la voce pubblica della religione»: dal tentativo di eliminare i simboli religiosi dalle scuole fino a quello di impedire l’obiezione di coscienza e interferire nella funzione educativa della famiglia in nome di ideologie gender. «L’educazione dei figli è espressione altissima della libertà religiosa – ha sottolineato Cardia – eppure in Germania le madri che rifiutano l’educazione sessuale per le figlie piccole sono fermate e denunciate» e numerosi tentativi, anche in Italia, vanno in questa direzione. Sulle responsabilità dei media occidentali si è soffermato infine Mario Morcellini, prorettore alle Comunicazioni sociali dell’Università La Sapienza e docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi.

«La vivida reazione agli attacchi terroristici – ha denunciato – è circoscritta alla difesa della libertà d’espressione e lascia sullo sfondo altri temi, evidentemente a basso grado di notiziabilità, come quelle dei cristiani che in molti Paesi del mondo pagano con la vita una testimonianza a cui non vogliono rinunciare». Mentre un altro fenomeno appare chiaramente: l’indebolimento di tutti i termini che parlano dell’altro, come democrazia, uguaglianza, giustizia, persino pace. «Finiamo spesso per rivendicarli quando cambiano significato entrando nel vocabolario del sindacalismo dell’io», ha osservato Morcellini, invitando a prendere coscienza di questo «dispotismo della comunicazione» per compiere un «esercizio di verità e di impegno». Il terzo e ultimo incontro dei Dialoghi in cattedrale si svolgerà martedì 14 aprile sul tema «Noi-tutti: costruire insieme la città».

 

25 marzo 2015