Così “l’Arte salvata” ha il proprio museo

Nel Planetario delle Terme di Diocleziano, esposti i reperti recuperati dai carabinieri nell’ultimo anno, fatti rientrare dagli Stati Uniti, provenienti soprattutto da Etruria meridionale e Lazio

Salvare e recuperare, a beneficio del pubblico, l’arte illegalmente trafugata dal nostro Paese è l’obiettivo del Museo dell’Arte salvata. Inaugurato il 15 giugno, si trova nell’Aula Ottagona, o Planetario, delle Terme di Diocleziano, nel complesso del Museo nazionale romano. Lo ha fortemente voluto il ministro della Cultura Dario Franceschini, con il sostegno della Direzione generale Musei e in collaborazione con il Comando carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale (Tpc), che di arte ne ha recuperata tanta per poi ricollocarla nel territorio originario di rinvenimento. E infatti il Museo dell’Arte salvata vuole essere un luogo dove opere rubate, disperse, vendute o esportate illegalmente potranno tornare fruibili in un percorso museale temporaneo presso le Terme di Diocleziano e nelle tre sedi del circuito: Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e Crypta Balbi.

La prima esposizione, aperta fino al 15 ottobre 2022 e visibile dal martedì alla domenica, dalle 11 alle 18, riguarda i recenti ritrovamenti del Reparto operativo Tpc, sempre sulle tracce dell’arte. Si tratta degli oggetti fatti rientrare dagli Stati Uniti tra dicembre 2021 e inizio giugno, risalenti a diverse attività investigative condotte insieme alle autorità statunitensi e ai sequestri presso direzioni museali, case d’asta, collezioni private. Queste opere in particolare, grazie al coordinamento con la Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio e al direttore generale dei Musei dello Stato Massimo Osanna, dopo ottobre saranno collocate tra il Museo archeologico nazionale di Taranto, il Museo Nazionale archeologico Cerite del Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia, il Museo nazionale romano.

I reperti più antichi della mostra risalgono all’epoca “orientalizzante” (VII sec. a.C.) e provengono dall’Etruria meridionale ma anche dal Lazio, come la Giara in ceramica d’impasto rosso o il Cratere cerimoniale con quattro anse sormontate da coppette in ceramica. Si fanno notare le anfore del VI sec. di provenienza attica ed etrusca. Da una grande stipe votiva di un santuario non identificato dell’Etruria meridionale o del Lazio proviene la Testa votiva in terracotta del IV sec. a.C. Le opere sono state individuate negli archivi fotografici confiscati in Svizzera a un dealer di origini italiane operante a Basilea, a un dealer italo-americano operante a New York e a un restauratore di Zurigo. I beni rinvenuti erano stati “ripuliti” sul mercato antiquario svizzero e inglese con documenti falsi ma non risultavano registrati in pubblicazioni di scavi autorizzati che ne attestassero il ritrovamento. Dunque appartengono all’Italia, sin dai primi del Novecento.
«La mostra temporanea presentata al Museo dell’Arte salvata, nell’Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano, costituisce la prima tappa di un nuovo percorso di studio e di valorizzazione che le opere recuperate effettueranno nei prossimi mesi – dichiara Osanna -. Dovranno essere sottoposte a una serie di indagini che permetteranno di verificarne il grado di autenticità, di precisarne la provenienza, di coglierne appieno l’importanza archeologica, storica e artistica. Ciò consentirà di individuare, nelle regioni di provenienza, i musei più idonei ad accoglierle, dove saranno presentate al pubblico in modo permanente».

Attraverso la serie di oggetti che è stata riportata dagli Stati uniti «si può tracciare una geografia delle grandi operazioni di scavo clandestino che hanno alimentato il traffico internazionale di antichità negli ultimi decenni – continua il direttore generale dei Musei dello Stato -. I luoghi prediletti dai ladri di antichità sono le necropoli dei grandi centri dell’Etruria meridionale, come Cerveteri, e quelle delle comunità indigene della Puglia e della Basilicata. Si possono riconoscere le produzioni di altri centri importanti, come quello di Crustumerium a nord di Roma, dove gli scavi regolari e gli studi recenti hanno confermato, nelle necropoli, l’importanza delle distruzioni dovute all’attività dei tombaroli».

Le imprese del Comando carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale rappresentano una strategia di contrasto all’illegalità nell’arte fra le più innovative al mondo: più di 3 milioni di beni sequestrati, 1,3 milioni di opere contraffate rintracciate. Il reparto è stato istituito nel 1969, prima della raccomandazione della Conferenza generale dell’Unesco, contenuta nell’art. 5 della Convenzione stilata a Parigi il 14 novembre 1970, e dal 2001 è in stretta collaborazione con il ministero della Cultura, al quale risponde funzionalmente.

20 luglio 2022