Coronavirus: verso il vaccino per i bambini dai 5 agli 11 anni

Villani (Bambino Gesù): «Se approvato, è l’unica arma efficace, non disponendo ancora di farmaci risolutivi». In Italia, circa 30 decessi per Covid fra under 18

Si attende il parere delle agenzie regolatorie ma potrebbe essere disponibile a breve il vaccino anti-Covid Comirnaty (BioNTech/Pfizer) per i bambini tra i 5 e gli 11 anni. Le due aziende Usa informano che il prodotto – da somministrare in due dosi da 10 mcg, contro i 30 previsti per gli adulti, con un intervallo di 21 giorni – ha dimostrato di essere sicuro ed efficace, generando una robusta risposta immunitaria. Ora tutti i dati delle sperimentazioni dovranno essere sottoposti alla Fda (Food and Drug Administration) negli Usa e a Ema (Agenzia europea del farmaco) in Europa, per ottenerne l’approvazione.

Per Alberto Villani, direttore del Dipartimento di emergenza, accettazione e pediatria generale dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma – dove nel frattempo è iniziata la somministrazione della terza dose del vaccino anti Covid ai pazienti vulnerabili – si tratta di un passo importante, «anzitutto per proteggere se stessi». Solo in Italia, riferisce all’Agenzia Sir, «a causa del Covid-19 abbiamo registrato una trentina di decessi, dolorosissimi da accettare, di ragazzi sotto i 18 anni, oltre a decine e decine di casi di Mis-C, una sindrome infiammatoria multisistemica, complessa da curare e che costringe a terapie intensive che possono durare da un minimo di 7 giorni fino anche a tre settimane. Sinceramente – prosegue – non vedo alcun motivo per far correre un rischio del genere a un ragazzo».

In più, anche le forme di infezione che sembrano meno gravi, osserva, «in un organismo in crescita hanno una valenza amplificata. Se un soggetto in età evolutiva sviluppa un’infezione, ad esempio una broncopolmonite con versamento pleurico, questo ha degli esiti significativi anche a distanza di anni; sappiamo inoltre che ciò che nell’adulto viene definito Long Covid, nel bambino avrà una capacità esponenziale». Il vaccino anti-Covid «si è dimostrato efficace e sicuro; è stato somministrato a diverse centinaia di milioni di persone», fa notare ancora il professore, secondo il quale occorre preoccuparsi invece del Sars-CoV-2, «nuovo, devastante che ha provocato milioni di morti e di cui non conosciamo l’evoluzione. Chi può escludere con certezza che questo virus, una volta entrato nell’organismo come infezione grave, non possa nel tempo creare problemi importanti?». Guardando poi all’esperienza vissuta in questi mesi di pandemia, conclude: «Forse, se qualcuno vedesse che cosa significa dover prestare assistenza intensiva a un bambino, quale impegno costituisce per medici e infermieri, e quale strazio per i genitori, capirebbe l’importanza della vaccinazione, unica arma efficace non disponendo ancora di farmaci risolutivi».

Nell’Ospedale pediatrico della Santa Sede è iniziata intanto la somministrazione della terza dose del vaccino contro il Sars-CoV-2 ai pazienti vulnerabili, secondo i criteri dettati a livello nazionale e regionale. 400 ragazzi e giovani adulti fragili (dai 12 anni in su) seguiti dal Bambino Gesù, dove hanno ricevuto anche le prime due dosi di vaccino. Per lo più ragazze e ragazzi immunodepressi, trapiantati, con insufficienza renale cronica, che la struttura ospedaliera sta progressivamente convocando per la somministrazione della terza dose con le stesse modalità delle precedenti. «Le famiglie e i ragazzi sono davvero motivati», riferisce Villani al Sir, parlando di una risposta «ottima. Come sempre – osserva – chi ha un problema di salute tende a tutelare quel po’ di salute che ha più di quanto non faccia chi ha il privilegio di avere una buona salute».

Era andata «molto bene» anche la somministrazione delle prime due dosi: «Non abbiamo registrato alcuna reazione degna di nota», ancora le parole del professore. Per il terzo richiamo, «tra i nostri pazienti c’era una sorta di attesa – prosegue -. Tutti sono stati contenti di essere contattati per ricevere questa opportunità». Se è vero infatti che in un organismo in crescita un’infezione lascia esiti significativi anche a distanza di anni, «nel caso di un soggetto in età evolutiva con una patologia importante, aumenta il rischio di contrarre infezioni in forme gravi o gravissime. Si tratta in assoluto dei pazienti più vulnerabili per i quali la terza dose rappresenta la migliore tutela», rileva l’esperto.

22 settembre 2021