Covid: «Vediamo la luce in fondo al tunnel ma rischiamo che il tunnel continui ad allungarsi»

Nella prima Giornata nazionale in memoria delle vittime, l'infettivologo Massimo Andreoni fa il punto sugli ultimi dati, che portano a 103.432 i morti in Italia. «Restrizioni indispensabili ma servivano interventi precoci». E sui vaccini: «Beneficio di gran lunga superiore ai rischi»

Sono impresse nella memoria collettiva le immagini dei camion dell’esercito che esattamente un anno fa lasciavano la città di Bergamo – uno dei capoluoghi lombardi più colpiti dal coronavirus nella prima ondata della pandemia – per portare in altre regioni centinaia di bare di defunti per la cremazione. Per questo ricorre proprio oggi, 18 marzo, la prima Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di Covid-19, istituita all’unanimità dalla Camera dei deputati lo scorso luglio e approvata ieri, 17 marzo, a seguito del voto favorevole unanime della Commissione Affari costituzionali del Senato.

A commentare gli ultimi dati diffusi dalla Protezione civile, che parlano di 431 vittime nelle ultime 24 ore, per un totale di 103.432 morti da inizio pandemia, è l’infettivologo Massimo Andreoni, direttore della Unità operativa complessa di Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit).

Professore, l’ultimo bollettino segna un incremento dei nuovi positivi nelle ultime 24 ore e una maggiore pressione sulle strutture ospedaliere con 324 nuovi ingressi in terapia intensiva, mai così tanti da quando viene comunicato il dato. Le attuali misure restrittive appaiono dunque necessarie, ma sono sufficienti?
Per noi sanitari che vediamo da vicino la pressione esercitata dai malati di Covid-19 sulle strutture ospedaliere, e che vediamo i tanti morti, le restrizioni sono indispensabili e necessarie. Personalmente, esprimo una perplessità sulle tempistiche relative all’attuazione di tali misure restrittive perché ritengo che non sia necessario avvicinarsi alla soglia critica dei 20mila casi di contagio giornalieri per chiudere il Paese, ma che servano invece interventi più precoci, utili a governare meglio l’epidemia. Ci siamo accontentati di una forte riduzione dei numeri di positivi per riaprire le attività o le scuole, salvo poi richiuderle, mentre a mio avviso sarebbe stato più opportuno raggiungere quei numeri più bassi che servono per mettere in atto le attività di tracciamento dei contagi, strategia utile ed efficace adottata da altri Paesi. Vediamo la luce in fondo al tunnel ma rischiamo che il tunnel stesso si continui ad allungare.

Sulle scelte fatte hanno giocato un ruolo importante le preoccupazioni per la crisi economica di tante attività commerciali fortemente provate dalle conseguenze di mesi di pandemia.
C’è assolutamente in ciascuno la consapevolezza che si è trattato e si tratta di scelte difficili e dolorose, perché di evidente impatto economico e sociale. Per questo credo che oggi serva non solo una chiarezza di intenti e di obiettivi ma anche la dimostrazione che i sacrifici da fare richiesti alle persone sono affiancati da un reale impegno nei fatti da parte delle istituzioni, altrimenti scetticismo e scoraggiamento dei cittadini sono inevitabili, mentre servono persuasione e motivazione. Va offerta una visione più definita delle strategie che si attuano e delle prospettive a lungo termine che si propongono. Parallelamente, va messa in atto una campagna vaccinale efficiente, con 700-800mila persone vaccinate al giorno, così da averne vaccinate 45milioni entro giugno.

La campagna vaccinale ha invece subito una battuta d’arresto a motivo della temporanea e preventiva sospensione del vaccino AstraZeneca, rispetto al quale è atteso proprio per oggi il verdetto dell’Agenzia europea del farmaco.
Questa sospensione ha fatto andare perdute circa 200mila vaccinazioni e questo è un dato che suscita una estrema preoccupazione. Inoltre, ha determinato un rallentamento della campagna vaccinale e sicuramente avrà un impatto anche quando verrà autorizzata la riapertura delle vaccinazioni: in molti, infatti, hanno perso fiducia nel vaccino ed evidentemente rinunceranno alla loro occasione di somministrazione del farmaco. È importante invece sottolineare come il beneficio apportato dal vaccino sia di gran lunga superiore ai rischi e agli effetti collaterali anche gravi che potrebbe comportare. Per altro, i 30 casi di eventi tromboembolici riscontrati in Italia – senza rapporto di causalità dimostrato – a seguito della somministrazione del vaccino AstraZeneca vanno raffrontati con i dati della Gran Bretagna, dove sono state somministrate oltre 11 milioni di dosi per un totale di circa 24 milioni di persone vaccinate e sono stati segnalati 54mila casi di sospette reazioni avverse, con 275 casi di decesso, ma in nessun caso è stata stabilita una correlazione diretta.

Questa la situazione rispetto all’azione preventiva. Qual è invece quella circa la cura del Covid-19?
Di sostanziale c’è ancora molto poco a livello di strategia terapeutica. A un anno dall’arrivo del Covid-19 continuiamo a curare i pazienti con cortisone ed eparina, il che significa che diverse sostanze si sono sì dimostrate attive contro il coronavirus ma nessuna in maniera particolarmente rilevante. Possiamo dire di avere agito per esclusione, andando a eliminare dalla lista dei farmaci quelli che si sono rivelati per certo inefficaci e inutili. Sicuramente alcuni prodotti vitaminici possono dare un aiuto modesto ma siamo ancora lontani dalla soluzione. Si sta poi procedendo allo studio dell’effetto positivo che possono avere gli anticorpi monoclonali, che sono però efficaci nelle fasi precoci, se non precocissime, della malattia, mentre serve qualcosa che permetta di intervenire a uno stadio più avanzato del contagio. Una sottolineatura va fatta sull’impatto della malattia a livello psicologico, perché questo virus porta a vivere l’isolamento, talvolta anche in maniera estrema in un letto di terapia intensiva, dove accanto a te le persone muoiono. Saranno quindi necessarie analisi e indagini sulle conseguenze psicologiche che interessano a lungo termine i pazienti guariti dal Covid-19, che al di là dei sintomi collaterali organici, come insufficienza respiratoria, astenia e cefalea persistente, manifestano disturbi mnemonici e stati depressivi.

18 marzo 2021