Coronavirus: la variante Omicron presente in 38 Paesi

Il direttore Oms Europa Kluge: rischio che diventi dominante in poche settimane. «Proteggersi col vaccino, prevenire infezioni e preparare i sistemi sanitari»

A partire dalla sua identificazione, ormai quasi 30 giorni fa, la variante Omicron – immediatamente definita “of concern”, cioè preoccupante, «è stata rilevata in almeno 38 dei 53 Stati membri della Regione europea dell’Oms». Da Vienna è arrivata ieri la dichiarazione di Hans Henri P. Kluge, direttore regionale Oms Europa, che prende atto delle numerose domande ancora senza risposta su Omicron, per ribadire che comunque «sta diventando, o è già diventato, dominante in diversi paesi tra cui Danimarca, Portogallo e Regno Unito, dove i suoi numeri raddoppiano in un periodo variabile tra ogni giorno e mezzo e tre, generando tassi di trasmissione mai visti prima», si legge nel testo.

Nell’analisi di Kluge, entro poche settimane, Omicron «dominerà in più Paesi della regione, spingendo ulteriormente al limite i sistemi sanitari già sotto stress», e rischiando di «diventare la variante dominante in circolazione nella nostra Regione». Di qui un campanello d’allarme: «L’enorme volume di nuove infezioni da Covid-19 potrebbe portare a più ricoveri e interruzioni diffuse dei sistemi sanitari e di altri servizi critici. Purtroppo ha già provocato ricoveri e decessi». Questa variante inoltre «può eludere l’immunità precedente nelle persone, quindi può ancora infettare coloro che hanno avuto Covid-19 in passato, coloro che non sono vaccinati e coloro che sono stati vaccinati molti mesi fa».

Relativamente alla “forza” del contagio, il direttore di Oms Europa osserva che ancora non è noto se Omicron causi una malattia più grave della variante Delta ma le prime prove «supportano l’ipotesi che i vaccini Covid-19 continuino a fare il loro lavoro e salvare vite umane». Sulla base dei primi casi segnalati infatti, l’89% dei contagiati dalla nuova variante ha riportato sintomi comuni di Covid-19: tosse, mal di gola, febbre. «È da sapere che Omicron fino ad ora è stata trasmessa principalmente tra gli adulti tra i 20 ei 30 anni, diffondendosi inizialmente nelle grandi città e nei cluster associati a riunioni sociali e lavorative».

Di fronte all’avanzare di questa variante, Kluge torna a elencare «le tre cose che dobbiamo fare con urgenza», vale a dire «proteggerci attraverso la vaccinazione, prevenire ulteriori infezioni e preparare i sistemi sanitari per un’ondata di casi». L’esperto spiega che è fondamentale «aumentare l’assorbimento del vaccino, che si tratti di una prima, seconda o una dose aggiuntiva/di richiamo, a partire dalle persone a rischio di Covid-19 grave e dagli operatori sanitari. Dobbiamo proteggere i vulnerabili – aggiunge -. E dobbiamo anche proteggere la nostra forza lavoro sanitaria per salvaguardare i sistemi sanitari».

Contestualmente, vanno messe in campo le misure necessarie per prevenire l’infezione: «Evitare spazi affollati; mantenere una distanza fisica dagli altri; lavarsi spesso le mani; indossare una maschera; tossire o starnutire in un gomito piegato o in un fazzoletto; e aerare adeguatamente gli ambienti interni». Governi e autorità infine – è l’ultima indicazione – «devono preparare i nostri sistemi di risposta per un’impennata significativa. Le autorità sanitarie devono rafforzare la capacità: aumentare le capacità di test e tracciabilità; coinvolgere l’assistenza sanitaria di base nella gestione dei casi; preparare gli ospedali per un’impennata e sostenere gli operatori sanitari e in prima linea». Da ultimo, Kluge si sofferma sullo stress degli operatori sanitari «messi nuovamente a dura prova. Le loro preoccupazioni – conclude – devono essere affrontate e il loro bisogno di condizioni di lavoro gestibili deve essere sostenuto».

22 dicembre 2021