Coronavirus, la macchina della solidarietà dei latinoamericani di Roma
A Santa Maria della Luce la raccolta viveri sui banchi della chiesa. 16 famiglie “adottate” dai brasiliani. Tra i volontari anche persone rimaste senza lavoro
I banchi della chiesa Santa Maria della Luce, a Trastevere, non sono rimasti inutilizzati durante la quarantena. Interdetto l’accesso ai fedeli durante le celebrazioni, le panche sono state occupate da chili di pasta, litri di latte e di olio, scatolame e da tanti altri generi di prima necessità ordinatamente sistemati per la distribuzione alle famiglie in difficoltà a causa del lockdown. Sede dal 2003 della missione latinoamericana, la chiesa di via della Lungaretta, affidata alla Congregazione dei missionari di San Carlo – Scalabriniani -, è diventata un punto di riferimento importante per centinaia di persone che in questi mesi hanno perso il lavoro. I pacchi viveri vengono distribuiti ogni quindici giorni e solo a maggio ne hanno usufruito oltre 130 nuclei familiari.
L’aula liturgica è divenuta in queste settimane un deposito di viveri sempre rifornito grazie al sostegno dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma, delle congregazioni dei missionari e delle missionarie di San Carlo, dell’Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo sviluppo e di donazioni private. Prezioso anche il contributo della campagna #unasolacasa, per raccogliere fondi e continuare a supportare chi è in difficoltà. Una macchina della solidarietà che si è messa in moto a fine marzo e che vede tra le fila dei volontari decine di persone che si sono improvvisamente ritrovate disoccupate. «I bisognosi che aiutano altri bisognosi hanno rappresentato quel valore in più che dà gioia. È la bellezza di una comunità che esprime il suo senso di appartenenza», spiega padre Luis Gabriel Martin, da due anni cappellano della comunità latinoamericana a Roma, che oltre a Santa Maria della Luce si compone anche di 5 centri pastorali e 12 comunità di differenti paesi dell’America latina.
Le porte della chiesa sono aperte a tutti, «nessuno in queste settimane è andato via a mani vuote», dice il cappellano che dà il benvenuto a tutti e si informa sulle situazioni familiari degli abitanti del quartiere che in questo momento vivono una situazione di maggiore necessità. «Non chiediamo però Paese di provenienza o credo religioso – prosegue -. Ci prendiamo cura di chi si trova in difficoltà, di chi ha bambini piccoli e in questo momento non ha un’occupazione. Cerchiamo di aiutare tutti a superare questa emergenza anche attraverso la compilazione dei moduli per ricevere i contributi statali».
Molti migranti sono in forte apprensione per i familiari rimasti in Equador, Colombia, Brasile, Perù, alcuni dei quali hanno contratto il coronavirus. «Diamo loro conforto morale e spirituale – aggiunge padre Luis Gabriel -. È un modo per sentirsi meno soli e spaventati». Anche il cardinale brasiliano João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, in occasione di una sua recente visita a Santa Maria della Luce «ha fatto una donazione per l’acquisto di generi alimentari – dice Amilton Gomes de Araujo, laico coordinatore della comunità brasiliana cattolica a Roma -. Offerte in denaro sono poi arrivate da comunità brasiliane del Nord Italia, grazie alle quali è stato possibile preparare i primi 30 pacchi viveri. Abbiamo “adottato” 16 famiglie che vivono a Fiumicino e Fregene, che hanno figli molto piccoli. Quando ci hanno confidato di non essere di religione cattolica abbiamo spiegato loro che questo non è il momento di fare distinzioni ma di aiutare».
3 giugno 2020