Coronavirus: «Il momento è delicato»

L'infettivologo Massimo Andreoni commenta la situazione nel Paese, con i contagi quotidiani di nuovo sopra quota mille. «Il virus continua a circolare molto nel Paese. Continuano a servire misure di precauzione». 2milioni e 300mila gli over 60 ancora non vaccinati

Vaccinare l’80% della popolazione entro fine settembre. É questo l’obiettivo della campagna vaccinale in corso per l’immunizzazione dal coronavirus, come ribadito nei giorni scorsi dal generale Francesco Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza Covid-19. A sottolineare l’importanza di «continuare a vaccinare tantissimo» perché «il virus sta incrementando la sua capacità di trasmissione» è l’infettivologo Massimo Andreoni, direttore della Unità operativa complessa di Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit).

Professore, gli ultimi dati diffusi dalla Protezione civile parlano di 1.010 nuovi casi nelle ultime 24 ore. Non succedeva dal 19 giugno che i contagi quotidiani superassero quota mille. Quanto e come sta influendo in questa fase la cosiddetta variante Delta?
Questi numeri indicano che il virus continua a circolare molto nel nostro Paese, approfittando delle condizioni di debolezza, che dipendono sia dai comportamenti che assumiamo sia dall’uso che facciamo del vaccino. Sono dati che ci preoccupano, soprattutto se pensiamo che in Italia ci sono ancora 2milioni e 300mila ultra sessantenni non vaccinati, un numero davvero elevato. Bisogna considerare che se da un lato possiamo constatare – anche in funzione dei dati inglesi e israeliani, ossia di Paesi che hanno portato avanti delle buone campagne vaccinali – che la vaccinazione è sufficiente a impedire i quadri clinici più gravi, dall’altro, a fronte di una variante che ha il 60% in più di capacità di trasmissione rispetto alla variante Alfa, la malattia che colpisse le persone con più di 60 anni potrebbe in tal caso manifestarsi nelle forme più gravi.

Occorre quindi procedere ancora con molta cautela.
Sì, perché è vero che l’estate è un tempo favorevole se consideriamo il vivere  maggiormente all’aria aperta e il ruolo dei raggi ultravioletti che contrastano il coronavirus, tuttavia è anche la stagione in cui si verificano maggiori occasioni di assembramento: si pensi ai festeggiamenti per le strade dopo la vittoria di una partita della Nazionale o ai comportamenti che si assumono in spiaggia. Del resto, in Inghilterra si contano in questi giorni 29mila casi di contagio – e possiamo pensare siano dovuti a una minore protezione delle persone rispetto al Covid-19 dato che è stata solo una la dose di vaccino inoculata – ma anche in Israele, dove le dosi somministrate sono state due, c’è una ripresa dell’epidemia. Tutto questo ci dice che il virus circola di più in questo periodo e che continuando così rischiamo di preparare una “bomba biologica” per l’autunno, quando per esempio si tornerà in classe e, ad oggi, sono oltre 200mila gli insegnanti che ancora non si sono vaccinati, così come non vaccinate saranno le scolaresche.

Sono dunque ancora importanti le misure di contenimento rispetto alla diffusione del virus così come certe accortezze, al di là del venire meno di alcune restrizioni, come quella relativa all’uso della mascherina all’aperto.
Anche in piena pandemia sarebbe stato possibile non indossare la mascherina all’aperto purché nell’arco di 20 metri non ci fossero state altre persone. Questo per dire che la situazione attuale permette un graduale e progressivo ritorno alla vita normale ma continuano a servire delle misure di precauzione. Perciò va bene riaprire i ristoranti, i cinema e gli stadi ma nel rispetto dei numeri consentiti perché il momento è delicato.

Non rispettare le regole significherebbe vanificare quanto fino a qui è stato fatto.
Esatto. E quello che è stato fatto è tanto perché oggi i sintomi della malattia sono sempre più prevenibili, diagnosticabili e trattabili. Alle persone dovrebbe essere chiaro che in breve tempo è stato raggiunto un risultato eccezionalmente valido: il vaccino evita le forme gravi della malattia, la terapia intensiva e la morte. Sono dati verificabili, pensiamo a come sia stato ridotto il tasso di mortalità tra il personale sanitario, duramente colpito all’inizio della pandemia, o anche tra gli ultra-ottantenni, altra categoria molto colpita in termini di decessi. L’efficacia del vaccino è sorprendente.

Serve, forse, oltre a una efficiente ed efficace gestione logistica, un’altrettanto efficace comunicazione per incentivare ulteriormente l’adesione alla vaccinazione, come auspicato nei giorni scorsi dal generale Figliuolo.
Sì, bisognerebbe cercare di dare dei messaggi chiari e che siano costanti quanto più possibile, pur avendo a che fare con qualcosa che è necessariamente in divenire. Serve chiarezza nella comunicazione per non generare confusione nelle persone perché notiamo un “disamoramento” per la vaccinazione non solo da parte di chi il vaccino lo ha sempre rifiutato ma anche da parte di chi ha ricevuto la prima dose e non termina poi il ciclo vaccinale. Non si tratta più quindi soltanto di convincere gli incerti ma anche coloro che erano certi e non lo sono più, temo a motivo della confusione generata dalle informazioni date nell’ultimo periodo, per esempio in merito alla vaccinazione eterologa o al limite di età per la somministrazione di un determinato vaccino, sia esso Astrazeneca o Johnson & Johnson.

In maniera chiara, allora, quale messaggio vorrebbe lei personalmente fare arrivare?
Va saputo che questo virus continuerà a girare intorno a noi e cercherà sempre più di adattarsi ad una condizione favorevole per sé, generando nuove varianti. Poiché più un virus circola, più aumentano le varianti, che si fanno via via più trasmissibili e resistenti ai vaccini, è comprensibile che conviene far circolare il virus il meno possibile e questo si fa primariamente con la vaccinazione.

8 luglio 2021