Coronavirus e bambini, un nuovo stile per i nostri legami

Abitudini e ritmi stravolti, certezze azzerate di fronte a un nemico invisibile. Serve creatività per lavorare a favore del benessere dei figli

Quando le nostre certezze vengono scosse e in un certo senso azzerate, il disorientamento risulta inevitabile, la ricerca di qualcuno o qualcosa in cui rifugiarsi incessante. Una regione, un popolo, o forse un continente, un pianeta intero in quarantena… un nemico invisibile che paralizza il sistema economico facendo decretare ai governanti che c’è qualcosa che vale di più delle borse internazionali e dei bilanci finanziari.

Uscire dalle abitudini di tutti i giorni, ritrovarsi in un tempo diverso, con ritmi stravolti ed obblighi non immaginati fino a quel momento, perdere d’un tratto la libertà di movimento propria e dei propri cari… eppure c’è chi quotidianamente vive o ha già vissuto questa esperienza di vita condizionata, chi si è trovato ad essere proiettato in una dimensione che non aveva immaginato né desiderato, quelli che hanno dovuto fare i conti con ciò che la vita ha riservato loro, costringendoli a un cambio di rotta completo.

Quante famiglie, infatti, nella nostra società, si trovano a dover mettere al centro della loro organizzazione un figlio o un genitore fragile che ha bisogno delle braccia e delle gambe di un genitore o una figlia, un figlio che si fanno braccia e gambe per loro. Per sempre. E si inventano ogni giorno qualcosa di nuovo per fronteggiare e sdrammatizzare la disabilità del nucleo, costretto a riorganizzarsi intorno all’handicap in modo da trovare una risposta e un sorriso di fronte alle difficoltà.

È ciò che sta accadendo con l’emergenza coronavirus: abitudini stravolte, famiglie confinate, regole di convivenza condizionate, cui sottostare ad onta dei nostri stili abituali e della spontaneità delle manifestazioni con cui ci incontriamo. In questo frangente, il ruolo degli adulti assume tutta la centralità cui forse da tempo molti hanno dato ridotta importanza: è il momento della responsabilità che si mette al servizio dei piccoli.

coronavirus, lavarsi le mani bambini, pulizia, igienePrima di tutto le regole igienico-sanitarie, che seppure accentuate al massimo livello di attenzione per la gravità dell’epidemia in corso, fanno in realtà già parte del nostro bagaglio di conoscenze in quanto insite nella profilassi e cura di qualsiasi malattia soggetta a contagio. I virus, costituiti da un acido nucleico (Dna o Rna) e rivestiti da un involucro proteico (capside), in quanto particelle submicroscopiche di natura non cellulare, necessitano di organismi viventi cellulari da parassitare per potersi replicare, non essendo dotati di un metabolismo autonomo. Pertanto, vanno ad “alloggiarsi” all’interno delle cellule, dove si riparano dall’attacco dei comuni antibiotici. L’unica vera arma contro le infezioni virali è costituita dalla vaccinazione, in grado di creare una difesa anticorpale contro uno specifico agente patogeno virale.

coronavirus e bambini, starnutoLe regole di igiene personale che vengono continuamente pubblicizzate in questi giorni mirano a ridurre le possibilità di contagio e a far sì che il minor numero possibile di soggetti contagiati abbia bisogno delle cure di una struttura ospedaliera. Ci si appella alla responsabilità di ciascun cittadino per fare da argine all’espansione della malattia, con la necessità di evitare i contatti, il distanziamento reciproco, l’uso sistematico dei presidi disinfettanti cutanei ed ambientali.

Ma ancor di più è il tempo in cui fornire un profondo sostegno affettivo mirato ad attivare le risorse vitali che ci consentono di progredire già nel cammino evolutivo, con i vari processi di adattamento. Essere adulti in realtà significa riuscire a fronteggiare gli eventi, a non tirarsi indietro, a farsi “pane” per coloro che il Signore ci ha messo accanto. E cosa c’è di più bello che impastare acqua e farina in un momento di completa condivisione, per poi sfornare il pane che ci nutre!

Lost in Space (1965)
La famiglia di “Lost in Space” (1965)

Dare sfogo a tutte le possibili esteriorizzazioni della propria creatività, senza timore di essere ridicoli o di ritenersi incompetenti. Esemplari quei genitori di Codogno che riferivano di essersi inventati, per giustificare il confinamento domiciliare alla propria bambina, di trovarsi su un’astronave per trascorrere il tempo di un’avventura tutta nuova da scoprire… Pensate come si possa ribaltare il punto di vista! Come non farsi venire in mente, pur con le debite proporzioni, la stupefacente narrazione de “La vita è bella”, laddove un evento tragico come quello dei campi di sterminio viene trasfigurato dal papà nel divertimento di un grande gioco, pur di alleviare la sofferenza del bambino innocente.

Può accadere di scoprire che ciò che avviene nel corso di un evento eccezionale, per quanto drammatico, farebbe bene ad appartenere alla nostra ordinaria quotidianità. Avere cura di chi mi sta accanto, lavorare per il suo benessere, dandomi da fare affinché il luogo in cui si vive diventi lo spazio di un’esperienza piuttosto che un ambiente in cui ritrovarsi con il proprio isolamento. La crisi che stiamo vivendo potrebbe condurci a costruire un nuovo modo di vedere e vivere i nostri legami, creando i presupposti per «un’azione che può incidere e trasformare tutti gli aspetti della società e della storia» (Chiara Lubich). (Roberto Rossi, neuropsichiatra infantile)

9 marzo 2020