Coronavirus, Cauda: «I vaccini, unica arma per uscire dalla pandemia»

L’infettivologo del Gemelli commenta la sospensione Fda del vaccino Johnson & Johnson: «Necessaria per fare chiarezza ma i rischi sono inferiori ai vantaggi»

Non ha dubbi Roberto Cauda, ordinario di malattie infettive all’Università Cattolica e direttore dell’Unità di malattie infettive del Policlinico Agostino Gemelli Irccs di Roma, commentando all’Agenzia Sir la sospensione precauzionale immediata delle somministrazioni di vaccino Johnson & Johnson stabilita negli Usa dopo 6 casi di trombosi (uno letale) su 7 milioni di vaccinati. Una doccia fredda sulla campagna vaccinale mentre ieri sono arrivate in Italia le prime 184mila dosi del siero Usa. «Le sospensioni cautelative da parte di organismi di controllo come Fda ed Ema sono necessarie per fare al più presto ulteriore chiarezza. Da un lato c’è la necessità assoluta di avere un gran numero di vaccini – osserva -, perché l’obiettivo rimane quello di poter vaccinare nel tempo più breve possibile una quota importante della popolazione, iniziando dalle fasce più deboli e a maggiore rischio; dall’altro sussiste la necessità di comprendere quali effetti collaterali possano avere questi vaccini. Occorre tuttavia precisare che, analizzando i dati, si tratta di numeri estremamente piccoli: i rischi sono di gran lunga inferiori rispetto ai vantaggi della vaccinazione».

Rispondendo a una domanda del Sir, l’infettivologo spiega che «non sappiamo ancora se gli eventi avversi segnalati siano legati al vettore virale impiegato nei due vaccini sotto osservazione – l’adenovirus di scimpanzé utilizzato da AstraZeneca o l’adenovirus umano di Johnson&Johnson – oppure al Dna, come ipotizzato da alcuni ricercatori. È prematuro – afferma – trarre conclusioni perché ad oggi non ci sono dati a favore o contro una determinata ipotesi». Precisa tuttavia che «ci sono state segnalazioni di eventi trombotici a carico dei seni venosi cerebrali anche in soggetti affetti dalla malattia naturale. È chiaro che in questi casi il vaccino non c’entra nulla. In ogni caso è bene non addentrarsi in valutazioni senza prove scientifiche».

Ieri, 14 aprile, dopo la sospensione provvisoria dello scorso 11 marzo, la Danimarca ha definitivamente sospeso le vaccinazioni con AstraZeneca e il siero verrà ritirato dal piano vaccinale. Intanto nel nostro Paese aumentano i timori dei cittadini che hanno disdetto diverse prenotazioni nei centri vaccinali dove si somministra il siero anglo-svedese ma Cauda invita a non perdere la fiducia: «Il rischio zero non esiste. I cittadini devono continuare a fidarsi dei vaccini. Non ci sono alternative. Senza vaccinazioni la malattia continuerà a imperversare con continue mutazioni e un altissimo costo di vite umane. Sono convinto – prosegue – che in questa fase, salvo imprevisti, l’unica nostra certezza per uscirne in tempi brevi e senza troppi danni consista nella vaccinazione di massa».

Tornando sui casi avversi segnalati, lo specialista ricorda che si tratta di «meno di un caso ogni milione. Se si considera il rischio molto grave, anche in termini di decessi, di farmaci di largo consumo che assumiamo ogni giorno, non c’è paragone rispetto a questi numeri». Si tratta, chiarisce, di un dato emerso dopo milioni e milioni di vaccini; «non era possibile rilevarlo in fase di sperimentazione con numeri più piccoli. Né è stato ancora specificato se gli eventi avversi registrati abbiano riguardato donne e/o uomini. Nell’attesa, riflette ancora Cauda, «si potrebbe pensare di “cucire” addosso alle persone il vaccino più adatto. Una sorta di “personalizzazione” del vaccino che però, se dato preferenzialmente a una determinata fascia di età, potrebbe creare problemi di approvvigionamento».

Un’analisi, quella di Cauda, in termini di sanità pubblica, da cui scaturisce l’invito a «considerare il grandissimo vantaggio di una vaccinazione che previene un’infezione che può, anche se non sempre lo fa, decorrere in forma molto grave portando chi ne è affetto al ricovero in ospedale, o in terapia intensiva o addirittura alla morte. Non vorrei che, soffermandoci troppo sui rarissimi effetti collaterali – conclude -, si dimenticasse la gravità di questa malattia che ogni giorno solo nel nostro Paese continua a provocare centinaia e centinaia di morti».

15 aprile 2021