Coronavirus, Boccia: sistema sanitario in affaticamento, serve responsabilità individuale

L’esperta, ordinaria di Igiene generale e applicata alla Cattolica di Roma, commenta il nuovo dpcm illustrato da Conte. Obiettivo: prevenzione

(foto: Università Cattolica del Sacro Cuore)

Uno strumento di intervento «indispensabile e necessario» per il contenimento della diffusione del coronavirus. Così Stefania Boccia, ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica di Roma, guarda al nuovo dpcm, firmato ieri sera, 18 ottobre, dal premier Giuseppe Conte. «Quanto fatto fino ad ora non è stato sufficiente dal punto di vista del Sistema sanitario, che si trova in una situazione di affaticamento da settimane – dice l’esperta -. In particolare, i servizi di igiene di sanità pubblica, impegnati nelle operazioni di tracciamento dei casi e dei contagi per individuare chi abbia avuto contatti stretti con un positivo – per ricorrere quindi al loro isolamento fiduciario – sono rallentati di almeno 24-48 ore e il 30% delle persone non si riesce a chiamarlo». Così, una gran parte di soggetti positivi al Covid-19 – per il 95% asintomatici – «circola e contagia a sua volta altri, e dal punto di vista della prevenzione si perde il controllo, inevitabilmente».

La causa di questa difficile gestione della fase di tracing, per Boccia, è da ricercarsi non «nella poca buona volontà degli operatori» ma «nella mancanza di risorse», dato che «per anni l’ambito della prevenzione, in medicina, è stato un po’ la Cenerentola, ampiamente sottofinanziato, mentre, come sta risultando evidente, è un punto cardine per la salute pubblica». Per favorire la prevenzione, la docente universitaria richiama alla «responsabilità individuale» e al rispetto delle misure quali «la distanza di sicurezza di almeno un metro, l’uso della mascherina e il lavaggio frequente delle mani» ma anche «l’utilizzo dell’app “Immuni”, che può offrire un contributo utile».

Ancora, per Boccia «puntare sulla responsabilità significa saper riconoscere e distinguere i servizi essenziali da quelli non essenziali», sapendo dunque rinunciare a quelle «attività ludiche che contribuiscono per il 20-25% alla trasmissione del virus», consci che «una parziale rinuncia alla libertà personale ci viene richiesta per un tempo limitato: parliamo, probabilmente, di 4-5 mesi ancora di sacrificio». In ballo c’è, d’altra parte, «il diritto alla salute, diritto costituzionale di ogni cittadino, che il governo deve tutelare», intervenendo laddove necessario «con più controlli e più sanzioni qualora le disposizioni, dettate da evidenze scientifiche, non vengano rispettate».

Circa il rispetto e l’accettazione delle limitazioni necessarie, per l’esperta va certamente tenuto conto dei «diversi livelli di educazione, scolarizzazione e sensibilità dei singoli», tuttavia «sono chiari e comprensibili a tutti i risultati di un recente studio americano che ci dice come le persone over 70, quelle che maggiormente devono essere tutelate, sono interessate per il 5% dalla mortalità causata dal Covid-19: vale a dire che 1 su 20 muore». Da qui l’invito al «buon senso» che deve per esempio «portare a non aggregarsi in casa. Il numero massimo di 6 persone non è dettato da evidenze scientifiche – spiega ancora l’esperta -: si tratta di agire per il bene delle persone più fragili, auto-regolandosi e limitando i rischi, utilizzando anche le mascherine, specie in presenza di persone anziane».

Ci sono invece riscontri scientifici derivati da studi diversi, uno dei quali canadese, per quanto riguarda «l’importanza di salvaguardare l’attività delle scuole» perché «è provato che la privazione della frequenza scolastica può comportare problemi mentali e altri effetti visibili sui bambini solo a lungo termine – spiega Boccia -. Inoltre, sotto i 10 anni, il rischio di contagio è limitato e i casi verificatisi finora sono lievi». Da non sottovalutare poi il fatto che «privare i bambini della scuola significa in molti casi privarli di un luogo sicuro rispetto a situazioni familiari di violenza o comunque altamente problematiche».

Da ultimo, l’esperta riferisce di un documento pubblicato lo scorso 14 ottobre sulla rivista scientifica inglese “The Lancet”, che verrà presentato al 16° World Congress on Public Health programme 2020. Sottoscritta da 80 scienziati di tutto il mondo – tra gli italiani, Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica del Sacro Cuore e consigliere del ministro della Salute per l’emergenza sanitaria -, la lettera aperta é denominata “John Snow Memorandum”, in riferimento al medico britannico considerato un pioniere nel campo dell’igiene e dell’epidemiologia. «Vi si sottolinea che l’idea di arrestare il virus raggiungendo l’immunità di gregge è un errore pericoloso – dice Boccia -, non supportato da alcuna evidenza scientifica. Tenerne invece sotto controllo la diffusione mettendo in atto delle regole da rispettare è il modo migliore di proteggere società ed economia, fino all’arrivo di terapie e vaccini efficaci».

19 ottobre 2020