Contrastare la pornografia, una sfida pastorale

Il seminario formativo del Regina Apostolorum. Sean Kilcawley (Ufficio famiglia diocesi di Lincoln): «È una dipendenza. Serve approccio concreto»

Da una parte la pornografia come inquinamento umano; dall’altra, l’approccio e le opere pastorali della Chiesa. Sono i punti cardine del seminario formativo promosso dalla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, dal titolo “Pornografia: sfida pastorale alla luce dello sviluppo umano integrale”.  Il contrasto alla pornografia rappresenta «un fondamentale e primo passo nella missione evangelizzatrice della Chiesa», spiega padre Sean Kilcawley, direttore dell’Ufficio famiglia della diocesi statunitense di Lincoln, in Nebraska. «Questo e gli altri peccati collegati alla sessualità – afferma il sacerdote – rientrano nelle categorie delle dipendenze e per questo è necessario un approccio concreto e pastorale. Bisogna agire con giustizia – ha spiegato -, con misericordia ma soprattutto bisogna accompagnare chi si ritrova ridotto in schiavitù da queste pratiche aberranti».

Una forma di schiavitù, che ha ovviamente delle ricadute, ma anche delle cause, mediche e scientifiche. Ed è proprio per combattere il problema della pornografia che è opportuno «un approccio scientifico, trattando la questione come una vera e propria forma di malattia», chiarisce lo psicoterapeuta Francesco Cutino, secondo cui «il fenomeno va collegato necessariamente ad una prospettiva cognitivo-comportamentale e con elementi neurobiologici». Una forma di studio, quindi, che «scava a fondo nel modo di porsi e di agire di chi si ritrova imbrigliato nella pornografia e ne fa uso come una dipendenza, avendo molte difficoltà a venirne fuori e a smettere anche solamente di guardare foto o video». Lo psicoterapeuta evidenzia che il fenomeno è molto vasto nell’universo maschile, dove «molte persone iniziano ad avvicinarsi alla pornografia perché sono soggetti, inconsciamente, a moltissimi stimoli visivi e a messaggi subliminali. Si arriva quindi a comportamenti che prima si sarebbero rifiutati, che diventano quasi abitudinari».

Per quanto riguarda le conseguenze della pornografia, tanto da un punto di vista fisico quanto da quello morale, la visione di immagini porno porta, spiega Cutino, «al rilascio di ormoni e all’attività di neurotrasmettitori che stimolano un piacere. Ma è scientificamente dimostrato che appena finisce la sensazione di piacere c’è un ampio vuoto, dove c’è un deficit e una sensazione quasi di smarrimento, mentre ciò non accade quando la sessualità è vissuta in modo sano».

Il problema della pornografia, però, tocca anche le donne ed è una questione che negli ultimi anni le riguarda sempre più spesso. «Ci sono alcuni fenomeni crescenti – riferisce Marta Rodriguez, direttrice dell’Istituto di studi superiori sulla donna dell’ateneo – che toccano le donne nell’ambito pornografico e del cybersesso». Allo stesso tempo, però, proprio dall’universo femminile «può arrivare un concreto e fondamentale aiuto, perché le donne, per loro indole, sono più propense al gusto del bello, della purezza e, soprattutto, al rispetto della dignità sia per quanto riguarda se stessi che per gli altri». Aspetti, quelli della bellezza e della dignità, che sono «la base che manca quando si instaurano comportamenti scorretti sessualmente». Citando Giovanni Paolo II, Marta Rodriguez sottolinea infine che «è vero che siamo fatti anche per essere guardati, ma quando la bellezza è falsa diventa una malattia, una vera e propria “malattia dello sguardo”, che avvelena il cuore».

22 maggio 2019