Continuano gli scontri in Perù. 62 i morti

Lima paralizzata da 4 giorni. I vescovi: cessare con la violenza, «da dovunque provenga». Condanna Ue all’«uso sproporzionato della forza da parte della polizia»

A più di un mese dall’inizio delle proteste, è arrivato a 62 il numero di morti in Perù, dove nel fine settimana nuove vittime hanno segnato gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Manifestazioni massicce, che hanno quasi paralizzato la Capitale Lima negli ultimi 4 giorni, nel corso delle quali 200 giovani sono stati arrestati dopo ave occupato l’Università di San Marcos. La maggior parte di loro è stata poi liberata ma l’episodio ha suscitato numerose polemiche e nel resto del Paese, soprattutto nel sud andino, proseguono proteste, blocchi stradali, incendi e devastazioni.

Il portavoce dell’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri Josep Borrell evidenzia in una nota che «le proteste sociali pacifiche che rispettano lo stato di diritto sono legittime in una società democratica. L’Ue ribadisce la propria condanna dei numerosi atti di violenza e dell’uso sproporzionato della forza da parte degli organi di sicurezza», aggiunge. La Corte interamericana per i diritti umani (Cidh) ha presentato un’informativa al Consiglio permanente dell’Unione degli Stati americani (Osa), riunita a Washington. La stessa Cidh chiede che l’intervento delle forze di polizia per mantenere l’ordine pubblico «avvenga nel rispetto degli standard interamericani di legalità, necessità e proporzionalità».

Dai vescovi delle diocesi e giurisdizioni del Sud andino (Puno, Sicuani, Juli, Ayaviri e Huancané) intanto è arrivata questa mattina, 23 gennaio, una nota in cui fanno eco alla richiesta di Papa Francesco, risuonata ieri all’Angelus, di cessare con la violenza, «da dovunque venga». I presuli rivolgono anche un appello al Congresso della Repubblica perché «possa dare una soluzione immediata alla richiesta dei nostri fratelli e sorelle, e impedire ulteriori avvenimenti che possano portare a perdite di vite umane». Al tempo stesso, esortano a «evitare ferimenti, aggressioni a edifici pubblici e privati».

Nelle parole dei vescovi, anche la consapevolezza «dell’aumento del costo della vita e del fatto che molte persone non possono accedere a generi di prima necessità e hanno bisogno di alimenti». Le diocesi, assicurano, attraverso la Caritas stanno facendo il possibile per mettersi a servizio della popolazione nell’aiuto economico e nell’assistenza medica, psicologica e legale. Sempre dallo stesso territorio, il vescovo prelato di Juli Ciro Chispe ha scritto una lettera alla presidente Dina Boluarte e al Congresso, «implorando» un «segno visibile e concreto per frenare questa terribile ondata di morti e feriti». Anche l’arcivescovo di Lima Carlos Castillo, durante l’omelia domenicale, oltre a citare le parole del Papa, ha affermato che siamo chiamati a superare i nostri «problemi storici di cultura, per non disprezzare gli altri, ma per apprezzare, comprendere e sentire le ferite di chi soffre. Questa buona volontà deve prevalere in tutte le sfere della vita, cercando il dialogo e rispondendo a “una richiesta profonda”, per cercare di risolvere le cose con uno spirito diverso», nella prospettiva di poter «vivere come fratelli e sorelle».

23 gennaio 2023