Congo, appello di Msf: «Risposta urgente alla crisi umanitaria»

Nella regione del Nord Kivu registrati tassi allarmanti di malnutrizione e mortalità nei campi per sfollati. A Rusayo muoiono in media più di tre bambini al giorno

In Repubblica democratica del Congo, nella regione del Nord Kivu, circa 600mila sfollati vivono in condizioni disperate nei campi intorno alla città di Goma, esposti a violenza e con accesso inadeguato a cibo. Lo sottolinea in una nota Medici senza frontiere (Msf). La sua équipe medica ha riscontrato in alcuni campi tassi allarmanti di malnutrizione e mortalità. «I recenti annunci delle Nazioni Unite di voler intensificare gli sforzi per rispondere ai bisogni della popolazione devono urgentemente tradursi in ulteriore assistenza e protezione per gli sfollati – spiega l’organizzazione -. Da diversi mesi Msf è testimone della lentezza e inadeguatezza nel dispiegamento degli aiuti forniti alle persone fuggite dai combattimenti legati al riemergere del gruppo armato M23. Nonostante un certo aumento degli aiuti umanitari nelle ultime settimane, le circa 600mila persone che attualmente vivono in diversi siti intorno a Goma continuano a non ricevere assistenza, in particolare per quanto riguarda il cibo e gli alloggi, che rimangono insufficienti in quantità e qualità».

È positivo, per Msf, che le Nazioni Unite abbiano annunciato di voler portare la crisi al livello più alto della loro scala, ma «è urgente che questa consapevolezza si traduca in un aumento significativo, rapido e tangibile degli aiuti forniti alle persone nei campi». Un’indagine retrospettiva sulla mortalità condotta da Msf ad aprile nei campi di Rusayo, Shabindu e Don Bosco, relativa ai primi 4 mesi del 2023, ha rivelato tassi di mortalità allarmanti tra i bambini sotto i cinque anni. A Rusayo, dove la popolazione è stimata tra gli 85mila e i 100mila abitanti, in questo periodo sono morti in media più di tre bambini al giorno (1,6 morti ogni 10mila bambini al giorno) per varie cause.

A Elohim un’indagine nutrizionale condotta da Msf alla fine di maggio su circa 4mila persone ha rivelato tassi di malnutrizione ben al di sopra delle soglie di emergenza, con forme acute gravi che hanno raggiunto il 4,9% tra i bambini sotto i cinque anni. A maggio, un bambino su quattro nel campo di Elohim è stato curato da Msf per malnutrizione. In questo stesso campo, molti sfollati riferiscono di non aver ricevuto cibo dal loro arrivo, in alcuni casi già da gennaio. In altri campi, come Rusayo e Shabindu, è stato distribuito del cibo, ma non a tutti i residenti. Questa situazione allarmante è aggravata da diversi fattori di rischio, come i casi di morbillo e colera nel campo.

La carenza di cibo si ripercuote anche sulla salute degli adulti, soprattutto delle donne, che spesso sono costrette a lasciare i campi per cercare cibo o legna da ardere, esponendosi al rischio di violenza, in particolare sessuale. All’inizio di maggio, Msf ha lanciato l’allarme per l’alto numero di donne trattate per violenza sessuale: in due settimane, 674 donne dei campi di Bulengo, Lushagala, Kanyaruchinya, Elohim, Munigi e Rusayo hanno dichiarato di aver subito violenza sessuale. Attualmente, una media di 40 donne al giorno riferisce di essere vittima di violenza sessuale in questi stessi luoghi. Sebbene le organizzazioni umanitarie sembrino consapevoli della gravità della situazione, gli aiuti e le misure di protezione stanno attualmente raggiungendo solo una piccola parte delle sopravvissute a violenza sessuale. La sicurezza dei civili all’interno e all’esterno dei campi deve essere garantita con urgenza.

«Questa situazione catastrofica è ancora più incomprensibile se si considera la vicinanza alla grande città di Goma, dove gli aiuti potrebbero essere facilmente distribuiti» dichiara Guyguy Manangama, responsabile dei programmi di emergenza di Msf. «Le attività di soccorso vengono sviluppate, ma senza alcun coordinamento o visione d’insieme della situazione nei campi. La mobilitazione del sistema di aiuti è insufficiente e troppo lenta. C’è anche una evidente mancanza di visibilità e di informazioni sugli aiuti forniti e sul numero di persone che hanno bisogno di supporto, informazioni comunque necessarie per il corretto coordinamento delle organizzazioni di aiuto».

Molti degli sfollati sono arrivati nei campi dopo aver subito gravi episodi di violenza. L’indagine di Msf sulla mortalità nei campi di Rusayo, Shabindu e Don Bosco ha dimostrato che la violenza è la principale causa di morte tra gli uomini (fino al 40% in alcuni campi), con due decessi ogni 10mila persone al giorno, tra gennaio e fine aprile, avvenuti per lo più nel luogo di origine o durante il viaggio verso l’area di Goma. Si tratta del doppio rispetto alla soglia di emergenza di 1 decesso su 10.000 persone al giorno. «La portata e la durata dello sfollamento sono storiche, anche per la RdC orientale – continua Manangama -. Questo ci dà un’idea della risposta necessaria. Eppure, centinaia di migliaia di persone continuano ad essere ampiamente trascurate dalla comunità degli aiuti, nonostante la crescente consapevolezza del sistema umanitario».

Durante i primi mesi della crisi del 2022, la risposta umanitaria, compresa quella di Msf, è stata troppo lenta ad avviarsi. Da allora, Msf ha continuato ad attuare interventi a sostegno della popolazione e oggi ha mobilitato un ulteriore milione di euro per fornire alimenti terapeutici pronti all’uso alle famiglie più vulnerabili, in particolare a quelle con bambini sotto i cinque anni affetti da malnutrizione acuta. La situazione umanitaria è critica anche in altre aree del Nord-Kivu, come i territori di Lubero, Masisi e Rutshuru, dove Msf è talvolta l’unica organizzazione presente sul posto e dove il livello di aiuti a disposizione delle persone bisognose è gravemente inadeguato.

22 giugno 2023