Concluso a Sant’Eusebio il restauro della facciata
La presentazione con il gruppo di lavoro dopo la Messa presieduta dal vicegerente Palmieri. I lavori inseriti in un articolato piano di interventi sul quartiere Esquilino
È stata restituita alla sua originaria bellezza la chiesa di Sant’Eusebio all’Esquilino, in piazza Vittorio Emanuele. Sotto la direzione della Soprintendenza speciale archeologia, belle arti e paesaggio di Roma, da pochi giorni sono stati ultimati gli interventi di restauro – nella loro ultima fase avviata a novembre 2020 – che hanno interessato il portico di ingresso, la scalinata e la facciata, realizzata nel 1711 dall’architetto Carlo Stefano Fontana su commissione di Clemente XI. «C’è una piccola grande festa che vi riguarda: la vostra chiesa diventa ancora più bella, ma quello che noi viviamo qui è il senso profondo del nostro essere Chiesa, la presenza in mezzo a noi del Signore risorto – ha detto il vicegerente Gianpiero Palmieri, che ieri sera, 16 settembre, ha presieduto la Messa per la presentazione del restauro, concelebrata dal parroco don Maurizio Pirola e da quello uscente don Sandro Bonicalzi -. La città cambia, così come l’assetto urbanistico, la piazza, l’edificio, però quello che rimane sempre è il cuore che ha dato vita a tanta bellezza, un cuore che nasce dalla fede».
La serata è stata anche l’occasione per incontrare il gruppo di lavoro del restauro, intervenuto per presentare le operazioni che hanno caratterizzato il cantiere. «La restituzione della facciata della chiesa è un restauro importante che si inserisce in un articolato piano di interventi sul quartiere Esquilino, di cui fanno parte i lavori al Museo della Liberazione, a Santa Croce in Gerusalemme, al Tempio di Minerva Medica e la dichiarazione di interesse culturale per il rifugio antiaereo della seconda guerra mondiale a piazza Dante – ha fatto sapere Daniela Porro, soprintendente speciale di Roma, ringraziando i professionisti e le istituzioni che hanno preso parte all’iniziativa -. L’Esquilino è un rione centrale per la vita di Roma e per la sua storia».
A farle eco la funzionaria della Soprintendenza che ha diretto i lavori, Alessandra Centroni, intervenuta all’incontro – moderato da Francesco Muleo – insieme a Giovanni Carbonara, professore emerito di restauro architettonico; Camillo Giammarino, restauratore che si è occupato degli apparati decorativi; e all’architetto Romano Cerro, incaricato della ricerca storica e iconografica. «Il quartiere sta dando tanti segnali di voler emergere e questo è un passo importante», ha commentato Centroni, che ha poi indicato come operazioni chiave del restauro il consolidamento e la pulitura degli apparati decorativi, degli intonaci e delle statue del coronamento superiore, nonché la fase di resa cromatica. Tale lavoro accurato, che «in primavera vedrà una restituzione di tutto il complesso con la tecnologia a laser scanner», è iniziato nel 2018 con il restauro dell’affresco la “Gloria di Sant’Eusebio”, ormai degradato a causa dell’umidità, realizzato nel 1757 da Anton Raphael Mengs sulla volta della navata centrale; e poi proseguito con «la revisione di tutto il manto di copertura», nonché con «un intervento conservativo della facciata posteriore secentesca, su via Principe Amedeo».
Da un punto di vista specificatamente pratico, l’intervento operato in questi anni è stato d’obbligo, come ha spiegato Giammarino, «dal momento che le condizioni strutturali della facciata, in particolare delle statue e dello stemma, erano davvero molto compromesse». Da qui «anche l’importanza del lavoro di consolidamento con più di 500 iniezioni su tutta la superficie – ha aggiunto -. Operazioni che, nel complesso, hanno fatto riacquistare all’edificio una sua dignità umana e socioculturale, oltre che un ordine ambientale e architettonico».
17 settembre 2021