Concato: senza vaccini canteremmo ancora sui balconi

Intervista a tutto campo al cantautore milanese, in concerto il 28 ottobre all’Auditorium Parco della Musica con i suoi successi in chiave jazz. Tra musica e parole

Mentre gli addetti ai lavori si stanno adeguando all’ultimo decreto che ripristina la capienza al 100% per teatri, sale da concerto, cinema, locali di intrattenimento e musica dal vivo, tra i – pochi – concerti già organizzati, una certezza: la delicatezza e la maestria di Fabio Concato, autore di alcune delle perle della musica italiana, che verranno riproposte in chiave jazz alla Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica giovedì 28 ottobre. Il progetto vede la luce nel 20017, quando il cantautore milanese avvia un connubio artistico con Paolo Di Sabatino, pianista e compositore di talento, insieme al suo trio, trasferendo di fatto in uno studio di registrazione la magia che si rinnova ad ogni live, in un nuovo Cd dedicato al padre Gigi (autore jazz dilettante, figlio, a sua volta, di cantanti lirici), che lo ha iniziato alla musica ascoltando dal jazz alla musica sudamericana. Sarà l’occasione per ascoltare non solo i grandi successi ma anche tanti altri brani del suo ricco repertorio di oltre 40 anni di carriera, proponendo un concerto improntato sulla musica e sulla parola, tra il serio e il faceto, in omaggio ai suoi esordi artistici al Derby, noto locale cabarettistico di Milano nella metà degli Anni Settanta. Narratore di piccole e grandi storie della quotidianità, artista poetico e intimista, mai sopra le righe, pacato nei modi e nelle interpretazioni, si esibirà insieme a Paolo Di Sabatino, (arrangiamenti, piano), Marco Siniscalco (basso) e Glauco Di Sabatino (batteria). Il pubblico potrà ascoltare le sue celebri “Domenica bestiale”, “Fiore di Maggio”, “Guido piano”, “Rosalina”, “Sexy tango”, “Gigi” e tanti altri brani. Lo abbiamo intervistato mentre è nella sua casa a Milano, scoprendo un piacevole Concato tra humour e realismo.

Come sta, che periodo è per lei?
Direi un periodo buono, l’estate scorsa abbiamo ricominciato a lavorare, pian piano si sta rimettendo in moto tutto. Siamo stati molto preoccupati nei mesi scorsi, quando non si sapeva bene come muoversi. Almeno adesso ci stiamo riprendendo. Certo, rimane il fatto che un sacco di musicisti sono rimasti a piedi: io mi sento privilegiato ma ci sono quelli che se non lavorano due o tre volte alla settimana non riescono a pagare l’affitto. Qualcuno ha cambiato mestiere, perché ne sapeva fare un altro. La nostra categoria ha ricevuto un supporto irrisorio. In generale usciamo provati da questo anno e mezzo, ci vorrà ancora del tempo per riprendersi del tutto. Ma oltre all’aspetto economico, che pur è drammatico, non bisogna trascurare quello mentale, il contraccolpo psicologico, vedi la rabbia, le tensioni che ci sono in giro, è tutto esasperato. Oggi abbiamo bisogno di essere rassicurati. Ed è importante insistere con le vaccinazioni. Senza vaccini staremmo ancora a cantare sui balconi.

A proposito di rassicurazioni… Quando si è accorto che alcune sue canzoni sarebbero state degli evergreen?
In realtà non me ne sono mai reso conto! Certo, sentire che ancora girano in radio fa piacere. L’anno prossimo saranno 40 anni di “Domenica bestiale” e la cosa mi inorgoglisce molto. Sarebbe bello che chi è in classifica adesso, ammesso che ce ne sia una valida oggi, fosse cantato anche tra 40 anni. Ci sono cose apprezzabili in giro, anche tra i rapper, che scrivono cose condivisibili, ma la sensazione è che non siano destinate a durare. Forse sono io legato a un vecchio tipo di canzone. Per me è fondamentale che ci siano certi ingredienti, come la musica, la melodia, l’armonia. Invece, è micidiale! Si sentono sempre gli stessi tre accordi che girano, è come se il mondo degli accordi si fosse atrofizzato. Mi viene da sperare che questo periodo possa essere un trait-d’union tra la musica d’autore, Bruno Martino, Sergio Endrigo, Gino Paoli, Luigi Tenco, fino a Samuele Bersani o Niccolò Fabi, e qualcosa di meraviglioso che deve ancora venire. Tra la nuova generazione mi piace molto Madame, mi piace quello che fa, è ironica a suo modo e coinvolgente, ma anche triste e disperante. C’è qualcosa di tragicomico in lei che mi attira.

Arriviamo al concerto di Roma. Il jazz per lei non è una novità, ce l’ha nel sangue.
Mio padre era un po’ monocorde, ascoltava in particolare il be bop, il jazz della fine anni ‘50 e dei primi anni ’60. Nella vita era rappresentante di occhiali, stava sempre in giro, ma quando stava a casa metteva la musica a paletta e ci suonava sopra, era un dilettante ma di talento. E io mi godevo mio padre ascoltando con lui la musica, mi piaceva vederlo suonare la chitarra o il pianoforte. Mi ha insegnato ad ascoltare la musica, mi è andata bene! È stato bello a 5 anni conoscere già Chet Baker, Miles Davis o Jobim; gli piaceva anche la musica brasiliana, e, tra gli italiani, Bruno Martino, Gino Paoli, Nicola Arigliano e Johnny Dorelli, che lo faceva molto ridere. Anch’io poi da grande gli ho fatto conoscere della musica, portandolo a qualche concerto. Mi diceva che l’unico al mio livello era Pino Daniele, per il resto tutti a casa! Una volta abbiamo visto suonare Pat Metheny e si è stupito di quanti pedali usasse per suonare la chitarra. Comunque era un tipo curioso e aveva l’orecchio allenato per ascoltare buona musica.

Anche lei che ascolta Madame è ancora curioso, quindi?
Oh, sì! Sarei anche curioso di sentire me, ogni tanto! Da noi ci si fossilizza. Anche in radio passano sempre le stesse canzoni del mio repertorio ma io ne ho scritte tante altre. Ad esempio il nuovo singolo “L’aggeggino”, dedicata alla mia nipotina, niente, non si sente, è come se a una certa età ti mandassero in pensione dalle radio. Questo non è consolante. In Francia non succede, vedi il successo di artisti come Henri Salvador, Charles Aznavour. C’è una coesione tra gli artisti, ma anche una cultura che noi non abbiamo.

E con Paolo Di Sabatino, che collaborazione c’è?
Tutto è iniziato nel 2011, mi ha chiamato per cantare una sua canzone in un cd che stava realizzando, poi abbiamo cominciato a fare cose insieme, concerti, anche parecchi, tanto che a un certo punto, visto che le cose che facevamo piacevano, ne abbiamo fatto un disco, veracissimo, registrato in due giorni, e abbiamo venduto anche molto, poi è arrivato il Covid. Adesso ho ripreso con la formazione jazz, e anche con il pop, così, come dicono i giovani, sono più performante! La cosa più importante con Paolo è l’aspetto umano, il piacere di stare insieme, di viaggiare insieme, di cui abbiamo sentito la mancanza con la pandemia. Ma adesso che si stanno creando le occasioni, si ricomincia!

15 ottobre 2021