Con l’Imitazione di Cristo, una bussola per il futuro

Un breviario diviso in 4 parti, scandite a loro volta in brevi capitoli, che ripercorre le tappe di ogni esistenza umana: parla all’individuo ma non disdegna l’impegno comunitario

Per secoli l’Imitazione di Cristo, che oggi tutti possono leggere persino in rete, questo scarno ma intenso libro di devozione religiosa attribuito non senza titubanze filologiche al monaco agostiniano Tommaso da Kempis (1380-1471), è stato il fulcro del carattere occidentale, al pari delle cattedrali e dei monasteri: stupenda esecuzione stilistica delle Sacre Scritture destinata in prima istanza agli individui vocati alla contemplazione, ma anche luogo di sosta interiore a uso degli spiriti inquieti, compresi i non credenti come Voltaire pronti se non altro a riconoscerne l’innegabile dimensione letteraria.

mosaico di Cristo pantocratoe, Santa Sofia, IstanbulDiviso in quattro parti a loro volta scandite da brevi capitoli molto incisivi, il testo prende avvio da un sentimento di vanità legato alle ragioni espresse nell’Ecclesiaste, chiama al raccoglimento profondo nel distacco dai clamori del mondo, ripercorre le tappe, spesso faticose e sofferte, di ogni esistenza umana e si chiude con diciotto consigli devoti per la Santa Comunione. Colpisce nel dettato, così come avviene in altre grandi simili opere della tradizione cristiana, penso ad esempio alle Regole benedettina e francescana, la grande conoscenza dei fuochi e delle passioni che causano travaglio. Non a caso molte delle esortazioni presenti riguardano la superbia, l’invidia, la forza contundente del desiderio, il pettegolezzo, le tensioni legate all’instabilità del nostro cuore, gli affanni che ci consumano e le ambizioni destinate a distruggerci, con una speciale indicazione riguardo alle pretese universalistiche dell’intelletto nel momento in cui vorrebbe conoscere le superiori cose del cielo e gli occulti giudizi di Dio.

È vero che lo straordinario anonimo estensore di tale breviario, che Thérèse di Lisieux portava sempre con sé e Jacques Bénigne Bossuet definiva addirittura il “quinto evangelio”, ha in mente soprattutto un programma di rinnovamento individuale, tuttavia non disdegna l’impegno comunitario, piuttosto lo colloca in un secondo tempo operativo, quando i grovigli di ognuno saranno già risolti e non potranno più disturbare il concerto del coro. Allo stesso modo direi che questo ideale di sottrazione esistenziale non implichi un dissolvimento dell’energia vitale e neppure la sua contrazione, in quanto il lettore viene ammonito persino dagli eccessi ascetici: «Non devi attaccarti troppo forte allo slancio devoto che subitamente può trasformarsi in un sentimento contrario».

Fondamentale resta la consapevolezza della nostra insufficienza, necessaria anche per rialzarsi in piedi dopo una caduta: «Molti, non appena accade qualcosa di male, si fanno tosto impazienti e perdono la buona volontà. Ma le vie dell’uomo non dipendono sempre da lui». A cui si lega l’ammonimento nei confronti dell’uomo colto pago di se stesso: «Coloro che si credono sapienti di per sé, di rado si lasciano umilmente guidare da altri. Senonché uno scarso sapere e una modesta capacità di comprendere, accompagnati dall’umiltà, valgono di più di un gran tesoro di scienza, accompagnato dal vuoto compiacimento di sé».

Libro di notevole perspicacia, capace di passare attraverso le generazioni conservando una freschezza unica inimitabile, l’Imitazione di Cristo resta ancora oggi un appuntamento ineludibile per tutti coloro i quali vogliano comprendere davvero quali sono le nostre radici e in che modo possano orientarci verso il futuro.

28 aprile 2020