Con la pandemia “percorsi sospesi” per minori non accompagnati e giovani migranti
Studio Unicef raccoglie 90 testimonianze di 15-24enni, operatori dell’accoglienza, servizi psicosociali e salute mentale in Lazio, Lombardia Calabria e Sicilia
In che modo la pandemia ha influenzato il benessere dei minori stranieri non accompagnati e dei giovani migranti dai 15 ai 24 anni che vivono nel sistema di accoglienza in Italia, e l’erogazione dei servizi di salute mentale e supporto psicosociale? Su questo tema ha indagato Unicef che ieri, 23 novembre, ha diffuso i risultati del rapporto “Percorsi sospesi”, studio effettuato tra febbraio e luglio 2021, che ha raccolto le voci e le esperienze di oltre 90 tra ragazzi e ragazze, operatori delle strutture di accoglienza e professionisti del supporto psicosociale e della salute mentale attivi in Lazio, Lombardia, Calabria e Sicilia, oltre che più di 270 opinioni raccolte attraverso questionari. Emergono da un lato «l’incertezza dovuta alla sospensione dei percorsi e progetti individuali» e dall’altro «l’attivazione di strategie di adattamento e resilienza». L’interruzione e il rallentamento di opportunità di studio e formazione e quindi del processo di inclusione hanno prodotto infatti una «battuta d’arresto che è diventata, per molti giovani, fonte di preoccupazioni per l’immediato futuro – si legge -. Eppure, ragazze e i ragazzi intervistati hanno mostrato grande capacità di adattamento, che ha permesso di gestire questo periodo con forza e, insieme ad altri fattori, ha mitigato gli effetti negativi dell’isolamento e dell’arresto dei progetti di vita».
Il sistema dei servizi, inoltre, ha dovuto «riadattarsi alle nuove sfide»: si è assistito a una riprogrammazione del sostegno psicologico erogato online, un’opportunità per mantenere la relazione d’aiuto, anche se con molti limiti che ne influenzano la qualità e la possibilità di presa in carico di nuovi casi. L’emergenza covid-19 ha infine «acutizzato e reso visibili alcune carenze preesistenti, sia del sistema di accoglienza che di quello dei servizi, tra le quali l’assenza, nei territori analizzati, di un meccanismo strutturato di identificazione del disagio psicologico e di invio ai servizi specializzati».
L’Unicef raccomanda alle istituzioni e agli operatori la necessità di rafforzare gli interventi psicosociali di base, con funzione preventiva, oltre che di supporto; l’esigenza di formazione e supervisione del personale per garantire l’identificazione e la gestione dei casi a rischio, e l’importanza di offrire un supporto con modalità attente alle specificità culturali e di genere.
L’esperienza della pandemia ha inoltre sottolineato il bisogno di varare degli standard minimi e delle linee guida condivise all’interno di un sistema di risposta integrato – di riferimento per tutti gli operatori e servizi coinvolti – anche da remoto, in caso d’emergenza, strutturando spazi e procedure operative di rapida attivazione. «La pandemia di Covid-19 ha segnato profondamente la vita di tutti noi. La ricerca mostra la grande capacità di resilienza e le risorse di cui ragazze e ragazzi sono capaci, e ci orienta verso un sistema possibile, integrato e condiviso, di prevenzione e risposta», sottolinea Anna Riatti, coordinatrice nazionale degli interventi Unicef Italia, parte dell’Ufficio Unicef per l’Europa e l’Asia Centrale.
24 novembre 2021