Con la pandemia, le aspettative di vita in Italia al livello di 10 anni fa

Presentato il Rapporto Osservasalute 2020. Il direttore Walter Ricciardi (Cattolica): «È come se il Servizio sanitario nazionale si fosse paralizzato»

Nonostante abbia registrato il livello più basso di contagi rispetto alla media nazionale, il Lazio, nella prima fase della pandemia, dal 24 febbraio al 14 luglio 2020, con il 30,5% di ricoveri, è stata la seconda regione italiana per numero di ospedalizzazioni dopo la Valle d’Aosta (40,8%) e si piazza al terzo posto per numero di pazienti positivi al coronavirus ricoverati in terapia intensiva (2,3%), dopo Umbria (6%) e Toscana (2,6%). Questo indica che «il trattamento dei pazienti Covid-19 è stato disomogeneo, dovuto a una performance diversa dell’assistenza territoriale e della capacità di intercettare tempestivamente i pazienti positivi. Infatti, il trattamento ospedaliero e quello nelle terapie intensive denunciano, con molte probabilità, un aggravamento dovuto a ritardi nella presa in carico». È quanto si legge nelle 561 pagine del “Rapporto Osservasalute 2020. Stato di salute e qualità dell’assistenza nelle Regioni italiane” curato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane che opera nell’ambito di Vihtali, costola accademica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il lavoro di 242 ricercatori è stato presentato questa mattina, 10 giugno, durante una conferenza online sulla piattaforma StarLeaf.

Con la pandemia, le problematiche sollevate da 20 anni dall’osservatorio «hanno precipitato l’Italia in un baratro che ha fatto tornare il Paese a una aspettativa di vita pari a quella di 10 anni fa. È come se il Servizio sanitario nazionale si fosse paralizzato» ha affermato il direttore dell’Osservatorio nazionale Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica. Tra i fattori principali di questa «drammatica» situazione Ricciardi ha annoverato i tagli, il mancato investimento in sanità, la frammentazione regionale, il rapporto problematico tra Stato e regioni e, in alcune regioni, tra medicina territoriale e ospedaliera, il rapporto complesso tra pubblico e privato, l’invecchiamento della popolazione degli operatori sanitari, che però «hanno reagito eroicamente». In Italia lavorano «gli operatori sanitari più vecchi del mondo industriale occidentalizzato – ha aggiunto -. L’età media dei medici è superiore ai 55 anni».

Quella presentata oggi è un’edizione speciale del Rapporto, perché non sono stati esposti, come di consueto, i principali risultati delle analisi sul Servizio sanitario nazionale e la salute della popolazione ma nell’elaborato si ripercorrono alcune fasi della pandemia – che dal febbraio 2020 ha registrato in Italia oltre 4 milioni 234mila contagi e oltre 126mila decessi – e si riflette sulla disomogeneità delle “performance” delle regioni. Il focus volge uno sguardo anche sulla campagna vaccinale. Fino al 7 giugno scorso sono state somministrate oltre 38 milioni di dosi di vaccino. Le persone vaccinate sono 13 milioni, delle quali il 21% ha completato il ciclo. Mettendo in relazione le percentuali di somministrazione dei vaccini e le dosi disponibili, «si registrano percentuali molto elevate», ha sottolineato il direttore scientifico dell’Osservatorio nazionale Alessandro Solipaca, che ha illustrato i dati della ricerca. A livello nazionale è stato utilizzato il 91% di vaccini e il Lazio, con l’88%, «anche se rientra tra le regioni con la quota più bassa è comunque a un livello molto elevato».

La pandemia ha influito pesantemente sul peggioramento delle condizioni di salute di pazienti con altre patologie, come dimostra l’aumento, rispetto al 2015-2019, di altre cause di morte, quali demenze (+49%), cardiopatie ipertensive (+40,2%) e diabete (+40,7%). «Sono state anche rinviate decine di migliaia di indagini per la prevenzione di tumori – ha aggiunto Ricciardi -. L’Italia è il Paese che ha sofferto di più rispetto ai grandi Paesi industrializzati e non a caso ha il secondo numero di decessi in rapporto alla popolazione. È un segnale inequivocabile che bisogna intervenire». La sanità pubblica «deve funzionare meglio». Per Ricciardi è urgente rimettere la salute «al centro dell’attenzione politica. Ora lo è in parte. Sono state allocate più risorse ma manca una riflessione strutturata». Se è vero che evidenze scientifiche dicono che questa è l’epoca delle pandemie, è anche quella «dell’invecchiamento della popolazione e delle malattie croniche – ha concluso -. Le persone vanno curate e se non ci organizziamo non è possibile farlo».

10 giugno 2021