Comunità religiose, ricordate le norme di prudenza

Dopo i casi di contagio verificatisi, la diocesi di Roma ribadisce, su istanza della Regione, le indicazioni a cui tutti, laici e consacrati, sono chiamati ad attenersi

Dopo i casi di contagio da coronavirus che si sono verificati in due comunità religiose – quella ospitata nella casa generalizia delle Figlie di San Camillo, a Grottaferrata, alle porte di Roma, e quella delle Suore Angeliche di San Paolo, su via Casilina, a Torre Gaia – e su istanza della Regione Lazio, la diocesi ribadisce le norme di prudenza a cui tutti, laici e consacrati, sono chiamati ad attenersi. «Nelle chiese e cappelle delle vostre case religiose si potrà continuare a celebrare l’Eucaristia solo se potete garantire le norme indicate anche dai decreti della presidenza del Consiglio dei ministri», scrive in una lettera il prelato segretario generale del Vicariato monsignor Pierangelo Pedretti, e passa poi a ricordarle: distanza superiore a un metro tra le persone, mascherina obbligatoria per il sacerdote che presiede la celebrazione, Comunione solo sulle mani, nessuna persona esterna ammessa.

Ancora, sottolinea Pedretti, «al termine della Santa Messa, il calice utilizzato
per la consacrazione del sangue di Cristo va igienizzato con cura; il manutergio e il purificatoio vanno lavati alla fine di ogni utilizzo». Inoltre, sarebbe auspicabile avere sempre lo stesso sacerdote a celebrare l’Eucaristia. Monsignor Pedretti invita anche i superiori delle case religiose a segnalare tempestivamente all’autorità sanitaria anche il più piccolo sintomo di contagio: febbre (superiore a 37° C), tosse secca, mal di gola, raffreddore o difficoltà a respirare. Importante, si legge ancora, sanificare e disinfettare gli ambienti. (G. R.)

31 marzo 2020