Comunità Papa Giovanni XXIII riconosciuta parte civile nei processi contro la tratta

La Corte di Cassazione conferma le sentenze di condanna dei gradi precedenti, come stabilito dalla Corte di assise di Frosinone. Ramonda: «Pronunciamento storico. Implicito riconoscimento alla battaglia del nostro fondatore don Benzi»

Con la sentenza numero 50066 del 4 ottobre 2017, la Corte di Cassazione ha confermato il riconoscimento della Comunità Papa Giovanni XXIII come parte civile lesa in un processo per tratta di esseri umani. Lo rende noto la Comunità fondata da don Oreste Benzi, specificando che il pronunciamento dell’Alta Corte «conferma le sentenze di condanna dei gradi precedenti, come stabilito dalla Corte di Assise di Frosinone, e contestualmente riconosce la Comunità di don Benzi come parte civile nei processi per reati di tratta di esseri umani».

Il presidente dell’associazione Giovanni Paolo Ramonda parla di «sentenza storica», con la quale «per la prima volta viene riconosciuto il ruolo fondamentale della Comunità Papa Giovanni XXIII nella lotta alla tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale in Italia. È un implicito riconoscimento alla battaglia che ha combattuto il nostro fondatore don Oreste Benzi, a partire dal 1990 – continua -. Tra poche settimane ricorderemo i 10 anni della sua scomparsa. Questa sentenza ci incoraggia a continuare il lavoro iniziato dal nostro fondatore, fintanto che tutte le ragazze schiave del sesso non saranno liberate». Va in questa direzione l’impegno portato avanti con la campagna “Questo è il mio corpo”, promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII insieme a un cartello di associazioni: una proposta ispirata al modello nordico, con l’obiettivo di ridurre sensibilmente il fenomeno della prostituzione colpendo la domanda e multando i clienti.

6 ottobre 2017