Comunicazione, l’ascolto è dimensione fondamentale

Il convegno promosso da WeCa, Fisc e Ucsi alla Lumsa. Pompili: «Il contributo del Papa ci suggerisce la strada per rimanere realmente umani»

Tornare all’essenza della comunicazione per andare in profondità di ciò che si racconta e pubblica. È questo l’auspicio che ha fatto da sfondo al convegno nazionale “Il giornalismo e la comunicazione digitale post-Covid” promosso oggi, 26 gennaio, da WeCa, Fisc e Ucsi presso l’Università Lumsa. Ad aprire l’incontro, monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti e presidente Commissione episcopale Cei per la cultura e le comunicazioni sociali, la cui riflessione si è dipanata dal messaggio di Papa Francesco per la 56ma Giornata delle Comunicazioni sociali sul tema “Ascoltare con l’orecchio del cuore”. «Il Santo Padre – ha commentato – ci offre da una parte la constatazione che il mondo della comunicazione ascolta in modo pervasivo, occulto, con orecchie da mercante; dall’altra lo spunto che l’ascolto in realtà non è una strategia di marketing, ma una dimensione fondamentale dell’esperienza umana», che però deve fare inevitabilmente i conti con un mondo iperconnesso, in cui i nuovi media sono alla ricerca continua di fidelizzazione.

«In questo quadro – ha aggiunto il presule – le reazioni emotive si trasformano in dati strategici dentro un quadro economico: prevale cioè un approccio individualistico dove tutto diventa merce di scambio». Questo fa sì che «il nostro mondo della comunicazione sia incapace di ascoltare quello che sono le sensazioni profonde e le situazioni a margine». L’ascolto autentico invece è ciò che consente di aprirsi all’altro diverso da noi, come ha sottolineato Pompili: «Se siamo autoreferenziali impediamo al mondo di entrare dentro, rimaniamo nel regime dell’indifferenza. Al contrario, il contributo del Papa ci suggerisce la strada per rimanere realmente umani».

Nelle parole di Andrea Monda, direttore dell’Osservatore Romano, si tratta di «uscire dal torpore adottando uno stile umile, che deve essere quello del comunicatore cristiano, che non si impone, ma si propone». E questo in continuità con la mission di un giornalismo che «non è chiamato soltanto alla cronaca, ma anche a creare le condizioni per il kairos: ogni tempo infatti può essere un’occasione», ha proseguito il direttore, ricordando le strade percorse dal quotidiano di fronte all’impatto della pandemia. «Abbiamo reagito a questo dramma a due livelli: da una parte abbiamo pensato a una rubrica in cui provare a immaginare il mondo post-Covid che desideriamo; dall’altra abbiamo raccontato come e dove la Chiesa cura le ferite di una umanità dolente», ha spiegato Monda, concludendo che per entrambi «la condizione di partenza è sempre l’ascolto».

Agnese Pini, direttrice del quotidiano “La Nazione”, la quale ha sottolineato come la pandemia abbia rimesso al centro alcuni pilastri del giornalismo: «Tante volte ci siamo chiesti come raccontare questi due anni seguendo la verità, che in fondo è legata all’umiltà: nessuno ha visto tutto, per cui possiamo dirvi solo quello che abbiamo visto noi – ha detto -. E in questo c’è anche il senso del limite, che è la morale». Pini si è poi soffermata sull’urgenza di una presa di responsabilità collettiva rispetto alla crisi industriale che stanno vivendo i giornali, soprattutto a seguito della pandemia: «Produciamo informazione, cultura e il giornalismo è ancora oggi l’unica garanzia che le democrazie hanno».

Di fronte al diffondersi esponenziale delle fake news è aumentato «il bisogno di una mediazione e la richiesta di un ethos professionale», come ha evidenziato il presidente Ucsi Vincenzo Varagona, intervenuto all’incontro insieme a Fabio Bolzetta, presidente WeCa, Saverio Simonelli, presidente Ucsi Lazio, e Mauro Ungaro, presidente Fisc, il quale ha colto l’occasione per ricordare che «come comunicatori siamo ascoltati, cioè quello che scriviamo e diciamo qualcuno lo medita. È quel dialogo, e non “duologo”, a cui Papa Francesco ci invita nel suo ultimo messaggio».

27 gennaio 2022