Commercio delle armi: la posta in gioco, in un mondo in guerra

Allo studio la modifica della legge 185, che vieta l’export in Paesi in guerra, sotto embargo o dove non sono tutelati i diritti umani. La conferenza stampa delle realtà contrarie. Zanotelli: «Sono un missionario e ho visto gli effetti dei conflitti. Stiamo rischiando tutto»»

La pace è a rischio se il mondo si riarma. Questa, in estrema sintesi, la preoccupazione delle realtà che si sono riunite ieri, 4 ottobre, alla Camera dei deputati per una conferenza stampa dal titolo “Difendere la legge 185/90 vuol dire applicare la Costituzione”: Focolarini, Pax christi, Associazione Papa Giovanni xxiii, Federazione delle Chiese evangeliche, Acli, Un ponte per e altre ancora. La legge in oggetto è una norma frutto di una spinta delle associazioni cristiane che dalla metà degli anni ’80 chiesero a gran voce norme più stringenti per la vendita di armi da parte del nostro Paese; ne nacque una norma che vieta l’esportazione di armi in Paesi in guerra, sotto embargo Onu o dove non ci sono garanzie in tema di diritti umani. Questa legge è, nelle parole del comboniano Alex Zanotelli – tra i promotori dell’iniziativa sia negli anni ’80 che oggi -, «la migliore in Europa», ed è in via di ridefinizione da parte del governo di Giorgia Meloni.

Nell’agosto scorso l’annuncio della volontà di cambiare la legge 185; quindi, la notizia che è stata messa «frettolosamente in cantiere» alla Camera, come ha spiegato Graziano Del Rio, parlamentare Pd ed ex ministro, che si è affacciato alla conferenza stampa spiegando che «la legge è arrivata proprio stamane in commissione Esteri e difesa, di cui sono parte, ed è stata proposta l’approvazione in “Commissione redigente” per evitare che l’Aula possa discuterne. Noi ci siamo opposti e abbiamo chiesto di poter fare delle audizioni». Per Del Rio l’impegno è proprio quello di difendere l’idealità rappresentata dall’esperienza trentennale della 185, anche e soprattutto sul piano culturale. Dello stesso avviso Paolo Ciani, deputato di Demos ed esponente della Comunità di Sant’Egidio, che ha spiegato il quadro della posta in gioco: «La guerra in Ucraina ha fatto scattare il riarmo, basta pensare all’annuncio tedesco di mettere 100 miliardi di euro nella difesa all’indomani dell’inizio del conflitto, una decisione che mette in discussione tutti gli equilibri del secondo dopoguerra».

Per Maurizio Simoncelli, cofondatore dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio disarmo, «la legge 185 è una legge storica e non è vero, come sostiene chi vuole cambiarla, che è troppo stringente. Nel periodo tra il 1990 e il 2005 l’export medio annuale valeva tra gli 1,5 e i 2 miliardi di euro; dal 2005 ad oggi è praticamente raddoppiato. Mi pare evidente che le lamentele degli industriali sono infondate – ha rilevato -. Fino a poco tempo fa il 30% del nostro export militare era rivolto a Medio Oriente e Nord Africa. Adesso, secondo il governo, possiamo inviare in Arabia Saudita bombe e missili perché la situazione nello Yemen è meno tesa. Eppure si spara ancora e le condizioni dei diritti umani nei due Paesi sono disastrose».

Sono del 2015-2016 le prime inchieste giornalistiche, condotte da diverse testate internazionali, sull’utilizzo delle bombe della Rwm Italia nella guerra intrapresa da una coalizione guidata dall’Arabia Saudita contro i ribelli yemeniti, a partire da marzo 2015. «Le inchieste documentano che tra gli ordigni sganciati su case, ospedali, acquedotti, infrastrutture vitali e convogli umanitari dello Yemen ci sono anche le bombe serie MK prodotte in Sardegna, a Domusnovas, da Rwm Italia, inviate in Arabia Saudita attraverso le strade, i porti e gli aeroporti della Sardegna» fa eco Alessandra Zanelli, del Comitato di Riconversione della Rwm e dell’associazione di categoria “Warfree”, che  da tempo si batte per una riconversione sostenibile del Sulcis iglesiente perché l’industria della guerra lasci l’isola.

«Con la nuova legge, ogni Paese con cui l’Italia ha un accordo di cooperazione militare (già ora circa 50, ndr) verrebbe esentato dai controlli», dice ancora Simoncelli. Le maglie si allargherebbero moltissimo. Padre Zanotelli è molto netto: «Non ho mai visto un governo così prono sul tema delle armi. C’è una pressione che viene non solo dall’industria ma anche dalla Ue». Il riferimento del missionario è alla legge a sostegno della produzione di munizioni, finanziata con 500 milioni di euro e approvata dal Parlamento europeo con una procedura d’urgenza nella scorsa estate. «Sono preoccupato dal silenzio su questo tema, la gente non è informata – le parole del sacerdote -. Le armi servono a difendere il nostro stile di vita, quello del 10% del mondo che consuma il 90% delle risorse. Sono un missionario e ho visto gli effetti della guerra nei Paesi poveri. Stiamo rischiando tutto».

5 ottobre 2023