Comitato anti tortura Ue: gli Stati potenzino sforzi per eliminarla
Presentato il Rapporto annuale 2019: nonostante i progressi, restano sfide importanti per garantire la protezione delle persone private della loro libertà
«Oggi, in un contesto in cui il divieto della tortura e di altre forme di maltrattamento è messo in discussione nell’ambito di un tentativo di contestare i diritti umani e la democrazia, il compito di proteggere le persone private della libertà è più importante che mai». Lo ha affermato ieri, 28 maggio, il presidente del Comitato anti tortura del Consiglio d’Europa (Cpt) Mykola Gnatovskyy, presentando il Rapporto annuale 2019. «Gli Stati europei – ha proseguito – dovrebbero potenziare i loro sforzi per eliminare completamente qualsiasi forma di tortura o maltrattamento».
Nei trent’anni di vita del Comitato, ha riconosciuto il presidente, si sono visti «progressi nella prevenzione della tortura e dei maltrattamenti in Europa». Nonostante questo, «restano ancora delle sfide importanti e complesse per garantire la protezione delle persone private della loro libertà nei luoghi di detenzione». Per citarne alcune: il sovraffollamento delle carceri, la detenzione dei migranti, il trattamento dei pazienti psichiatrici contro la loro volontà o la detenzione dei minori.
Il lavoro del Comitato in questi 30 anni si è sostanziato di oltre 450 visite negli Stati membri del Consiglio d’Europa, accertamenti in oltre 3mila stazioni di polizia e in oltre 1.200 carceri, nonché in centinaia di centri di detenzione dei migranti, istituti psichiatrici, centri di assistenza sociale e altri luoghi in cui le persone potrebbero essere private della loro libertà.
29 maggio 2020