“Come siamo arrivati fin qui” secondo Pier Cortese

L’artista romano – cantautore, musicista e produttore – torna sulle scene dopo 12 anni con un nuovo progetto discografico. Il 18 dicembre appuntamento live al Monk

Pier Cortese, cantautore, musicista e produttore romano, mancava dal 2009 con un disco di inediti e forse non ha scelto il periodo migliore per tornare, dal punto di vista meramente economico. Ma forse, invece, è proprio quello giusto per un’esigenza espressiva, per provare a spiegare con musica e parole quello che accade. Tant’è che l’ultimo album si chiama proprio “Come siamo arrivati fin qui” ed esprime fin dal titolo la complessità e la consapevolezza del cammino artistico e di vita che lo ha ispirato e reso possibile. Nel frattempo in questi anni si era messo a disposizione dei colleghi, lavorando alla composizione di colonne sonore, e come autore e produttore artistico, collaborando con Niccolò Fabi, Fabrizio Moro, Marco Mengoni, Simone Cristicchi, Mondo Marcio e molti altri.

Artista poliedrico e versatile, Pier Cortese in venti anni di carriera ha attraversato la scena musicale contemporanea in molti modi: dalla partecipazione al Festival di Sanremo nella categoria Nuove Proposte nel 2007 con il brano “Non ho tempo” alla recente co-produzione dell’ultimo disco di Niccolò Fabi, “Tradizione e Tradimento”, che Pier Cortese ha anche accompagnato come membro della sua band durante l’ultimo tour estivo. “Come siamo arrivati fin qui”, anticipato dai primi singoli e videoclip estratti “Tu non mi manchi”, “È per te”, “Te lo ricordi” e dalla title track, segna il ritorno del cantautore. Dieci tracce che entrano in un percorso emotivo profondo, a tratti psichedelico, ma anche vulnerabile e riflessivo, senza compromessi e in maniera lucida e consapevole. Un lavoro in cui Pier Cortese non ha mai abbandonato l’intensità, la cura e soprattutto l’urgenza di raccontare e di “ricercare” nuovi territori, senza mai rinunciare alla sua natura cantautorale e attingendo con grande libertà a una vasta gamma di generi e culture senza limiti e regole. Sabato 18 dicembre si esibirà al Monk, zona Casal Bertone, noi intanto ci siamo fatti raccontare “come siamo arrivati fin qui” secondo lui.

Come hai passato questi ultimi 12 anni e cosa ha risvegliato il desiderio di esprimerti pubblicamente?
Mi sono espresso pubblicamente in altri modi, sono stato più dall’altra parte del vetro, facendo il produttore e il musicista. Volevo evitare di incasellarmi negli archivi discografici “tanto per”. Ho bisogno di stimoli per essere creativo. Magari ci ho messo tanto tempo ma questo tempo mi è servito per riempire la vita, il mio zaino, di nuovi incontri, ed esperienze sia musicali che umane. E a un certo punto mi sono sentito pronto per raccontarle.

C’entra qualcosa la pandemia con questa urgenza espressiva, o è un caso?
La pandemia ha questa particolarità di essere egocentrica, tutto sembra riferito a lei. Sicuramente ha accelerato delle riflessioni e delle esigenze, le ha spinte, ma a essere onesto il percorso di questo disco è più remoto. Poi negli ultimi due o tre anni anni mi è capitato di scrivere dei pezzi che sono in questo disco, ma lo scheletro è precedente.

Come descrivi il nuovo progetto?
Per me è una tessera sanitaria, un codice fiscale, pandemia a parte (!), nel senso che mi fotografa. È un disco libero, ispirato, con più esperienza, l’album che mi somiglia rispetto a quello che sono diventato e a quello che in parte sono stato. C’è una ricerca esistenziale, umana, sentimentale e sonora. C’è anche dentro la mia parte come ricercatore musicale, come produttore, come uomo, come cantautore, come essere umano che nel frattempo ha maturato delle riflessioni e ha cambiato delle prospettive. Di sicuro è un album senza nessun compromesso. Tant’è che ho curato personalmente anche la parte visiva dei video, insieme a Walter Monzi, per dire che me ne sono preso cura dall’inizio alla fine.

Ci sono brani più autobiografici?
Il cantatore ha questa opportunità di occuparsi della sua vita con la speranza di far immedesimare chi ascolta. I punti di partenza sono sempre inevitabilmente legati alla mia vita, ma relazionati al mondo e soprattutto non solo riferiti a me. Io sono solo un osservatore della realtà.

Il brano “È per te” è un richiamo ad un cambiamento, ad una cura e ad una attenzione, come premessa per un futuro migliore. Da quando sei padre ti senti più responsabile del bene comune?
Sicuramente l’essere padre fa spostare la telecamera: non inquadra più te, hai una nuova soggettiva. La nuova prospettiva parte da lì e di conseguenza ho cominciato a immaginare un mondo più bello per mia figlia. Stiamo lasciando un’eredità discutibile ai nostri figli e fare qualcosa, stare attenti è il minimo.

Dopo Roma un breve tour in alcuni club italiani. Cosa ti aspetti per il tuo futuro e per quello della musica live?
Sono rimasto anche male, da vaccinato speravo di essere finalmente protetto e uscirne. Trovo surreale e fuori di testa tutto il mondo no vax. Purtroppo il virus non molla e compromette non solo l’indotto musicale ma anche il nostro aspetto psicologico, non si può nascondere. Noi abbiamo il compito, il dovere se vuoi, la missione, di essere positivi e di rilanciare nuove speranze e mi auguro che questo traspaia nei live. Speriamo a piccoli passi si ritorni a potersi frequentare da vicino, a scambiarsi quelle forme di energia che i concerti meravigliosamente producono.

10 dicembre 2021