È iniziata ieri, 26 settembre, quando in Italia era mezzanotte la cerimonia ufficiale di Cartagena che ha sancito ufficialmente l’accordo di pace in Colombia tra governo e Farc: la parola fine su un conflitto durato 52 anni. Davanti a 2.500 invitati di tutto il mondo, tra cui il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, i protagonisti, tutti vestiti di bianco, come gran parte dei presenti, hanno posto la loro firma sulle circa trecento pagine in cui si articola l’accordo di pace. Le parole del presidente colombiano Juan Manuel Santos: «È finita l’orribile notte della violenza». Dal capo delle Farc Rodrigo Londoño Echeverri, detto “Timochenko”, è arrivata invece una non prevista richiesta di perdono ai colombiani «per tutto il dolore che abbiamo causato. Nessuno abbia dubbi: siamo in cammino per fare politica senza armi. Prepariamoci tutti a disarmare le menti e i cuori».

La cerimonia della firma è stata preceduta da una veglia di riconciliazione presieduta dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, nella chiesa di san Pedro Claver. «Tutti siamo coscienti – ha detto il porporato – che siamo giunti alla fine di un negoziato, però anche ci sta di fronte un processo di cambiamento che richiede l’apporto tu tutti i colombiani». Il Santo Padre, ha assicurato, «ha seguito con grande attenzione gli sforzi degli ultimi anni, nella ricerca della concordia e della riconciliazione; varie volte ha animato questi sforzi, pur senza prendere posizione sulle soluzioni concrete che sono state negoziate e sopra le quali decideranno in modo libero, informato e in coscienza i cittadini colombiani». Ora, per il porporato, «è possibile costruire un futuro diverso nel quale convivere senza uccidersi e nel quale avere anche delle convinzioni diverse nella cornice del rispetto delle regole democratiche, della dignità umana e della tradizione cattolica di questa grande nazione». Quindi un’esortazione: «Preghiamo tutti per il futuro di questo caro popolo, perché possa camminare su sentieri di verità, giustizia e pace. La Colombia deve saper alleviare il dolore dei suoi abitanti per costruire un futuro migliore».

Ora la parola passa al popolo, chiamato a esprimersi sullo storico accordo di pace nel referendum del prossimo 2 ottobre. I sondaggi danno in testa il Sì, ma il clima politico è molto teso, data la virulenta campagna per il No condotta dagli ex presidenti Uribe e Pastrana. Previsto anche un quorum sulla partecipazione che corrisponde al 13% dell’elettorato: una quota bassa, pur in un Paese nel quale spesso anche alle elezioni generali vota il 40% degli aventi diritto.

27 settembre 2016