Clemente Riva, uomo di «ascolto e dialogo»

L’incontro di approfondimento sulla figura del vescovo, promosso dalla XXVI prefettura. Tre le direttrici: l’ecumenismo, il dialogo ebraico-cristiano e la libertà religiosa

Recuperare e promuovere la cultura e la teologia del dialogo. È l’eredità attualissima di Clemente Riva, vescovo ausiliare del settore Sud della diocesi di Roma dal 1975 al 1998, emersa ieri sera, 30 gennaio, nell’incontro promosso dalla Commissione Cultura della XXVI prefettura in sinergia con l’Associazione Clemente Riva nella parrocchia di Sant’Aurea, a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Attivissimo promotore del dialogo interreligioso, Riva è stato uomo capace di profondo ascolto e dialogo. Ad approfondirne la figura, Ennio Rosalen, dello Studio Teologico di Concordia-Pordenone, che a ottobre del 2022 nel centenario della nascita, ha pubblicato con Passerini editore il volume “Per una teologia del dialogo in Italia. Ecumenismo, dialogo ebraico-cristiano e libertà religiosa. L’opera di monsignor Clemente Riva (1922-1999)”.

Tre le direttrici emerse, a cominciare dall’ecumenismo, che per Riva significava «ritrovare la fraternità data dal battesimo che ci rende uniti in Cristo e recuperare questa comunione in Lui», ha spiegato Rosalen. Tante le iniziative di cui è stato promotore a partire dalla cura delle relazioni personali: «Il sussidio “Verso l’unità dei cristiani”, con l’autopresentazione delle diverse realtà, il Sinodo diocesano di Roma e la presenza in esso dei delegati fraterni, “La domenica della Bibbia”, l’impegno perché vi siano strutture a servizio dell’ecumenismo e delegati in ogni diocesi. L’idea di un Consiglio delle Chiese cristiane a livello nazionale. Un rifiuto costante del perfettismo e della dialettica come contrapposizione».

Ancora, centrale il ruolo del dialogo ebraico-cristiano come riscoperta della propria radice. Il ricordo è andato all’impegno profuso nella visita di Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma, alla Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo ebraico cristiano in Italia ed Europa, ma anche all’attenzione a una corretta informazione. «Per i cristiani è l’invito a dialogare, a  comprendere meglio se stessi e superare incomprensioni e torti del passato – ha sottolineato l’esperto -, abbandonando l’idea dell’ autosufficienza a favore di una chiesa a servizio del Regno di Dio». Terza direttrice, infine, la libertà religiosa, fondata sulla dignità della persona creata a immagine di Dio. «Riva era nel 1994 all’inaugurazione della moschea di Roma. Accoglienza e reciprocità, nel suo pensiero, non erano affermazioni di principio ma atti concreti in tanti ambiti della vita e della comunità».

Nelle parole del vescovo Dario Gervasi, ausiliare per il settore Sud, «il dialogo fa bene e aiuta a comprendere il mistero. È fecondo con tutti. Amicizia e familiarità sono segno prezioso dei tempi». L’antisemitismo in particolare, ha osservato, «è una mala pianta che sempre rigermina. Si tratta di creare una cultura, una autocoscienza di un legame profondo con il popolo ebraico». Le frontiere che Riva ha abitato tanto dicono oggi alla Chiesa di Roma. «L’ascolto al suo interno, tra pastori e fedeli, l’ascolto della Parola di Dio, delle istanze che vengono dalle realtà del territorio, le tante esigenze di giustizia della nostra società, anche quelle più difficili a cui non siamo preparati. Pensiamo al dialogo con gli omosessuali che ha visto Riva impegnato fin dagli anni ’90. La Chiesa è chiamata a dialogare con tutti edannunciare una parola di bene, santificante, senza preclusioni», la conclusione del vescovo.

31 gennaio 2023