Cibo inadeguato e insufficiente per un bambino italiano su 7

Uno studio della Cattolica sull’insicurezza alimentare in 6 macro aree. Più a rischio bimbi del Sud, da famiglie numerose, con genitori poco istruiti e poco abbienti

In Italia vive in una situazione di insicurezza alimentare un bambino su 7: vale a dire, si trova in famiglie che non sempre possono permettersi un’alimentazione sana e bilanciata e spesso il criterio di acquisto è il prezzo del prodotto, col risultato di diete poco varie e a base di cibo di qualità inadeguata. Più a rischio i bambini del Sud, con famiglie numerose, genitori poco istruiti e giovani e con reddito basso. Inoltre, si stima che per un bambino su 5 la famiglia di appartenenza vive nel timore di non avere soldi a sufficienza per acquistare il cibo fino alla fine del mese. Nella metà di questi casi, le famiglie non hanno realmente avuto risorse finanziarie sufficienti per acquistare cibo.

A rivelarlo è lo studio condotto dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica dell’Università Cattolica, sotto la guida dei docenti dell’ateneo Walter Ricciardi, ordinario di Igiene generale e applicata, e Maria Luisa Di Pietro, associato di Medicina legale, e pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Food Security. E il dato, spiega Di Pietro, «potrebbe essere addirittura una sottostima, in quanto lo studio – unico nel nostro Paese, sulla condizione economica, sull’accesso al cibo e sullo stato di salute dei bambini italiani – non è stato esteso ai sobborghi disagiati». Inoltre, poiché gli esperti si sono serviti dell’Indice Household Food Security, che analizza, in modo anche molto “crudo”, la situazione economica delle famiglie e le ricadute sull’acquisto del cibo, alcuni partecipanti «potrebbero avere riportato in maniera “edulcorata” la propria situazione per imbarazzo». Ancora, lo studio riporta dati relativi al periodo 2017-2018, quindi «la situazione potrebbe essere peggiorata considerando la situazione di pandemia di Covid-19 e la crisi economica», rileva Di Pietro.

Per l’esperta, «con la chiusura delle scuole durante il lockdown e il mancato accesso alle mense scolastiche, che comunque sono garanzia di un pasto completo ed equilibrato per i bambini, l’insicurezza alimentare per i piccoli, specie se provenienti da contesti disagiati, può essere aumentata». Servono «screening a tappeto sull’insicurezza alimentare con monitoraggi a scadenza annuale», interventi per  colmare eventuali carenze nutrizionali dei bambini e adeguate politiche economiche a sostegno delle famiglie, avverte Di Pietro. «In particolare, è necessario intervenire con strategie sociali adeguate finalizzate o alla riduzione della condizione di povertà delle famiglie o alla mitigazione degli effetti negativi del ridotto o basso reddito familiare sui bambini attraverso specifici programmi e interventi di integrazione delle carenze con l’ausilio dei pediatri di libera scelta e delle scuole». Interventi che la crisi economica legata al Covid rende «particolarmente urgenti». Le conseguenze a scapito dei piccoli sono già visibili: tra i bambini che non mangiano bene, si legge nello studio, sono più frequenti i problemi della vista, relazionali, difficoltà psicomotorie, problemi dentali e fisici e incremento delle difficoltà scolastiche.

4 novembre 2020